giovedì 21 febbraio 2008
Pink Floyd - Animals (1977)
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venerdì 15 febbraio 2008
Van der Graaf Generator - Pawn Hearts (1971)
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mercoledì 13 febbraio 2008
King Crimson - In the court of the Crimson King (1969)
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mercoledì 6 febbraio 2008
Emerson, Lake & Palmer - Emerson, Lake & Palmer (1970)
Emerson Lake & Palmer: o li ami o li odi, non esistono vie di mezzo. Il loro è un prog pomposo, appariscente, spettacolare, magnifico ai miei occhi, eccessivo agli occhi di altri. Le canzoni sono di immediata derivazione classica, Keith Emerson è un mago in ciò, quindi il sound è un prog sinfonico incentrato, ovviamente, sulle tastiere. Keith Emerson, già leader dei Nice, fra i primi insieme a Procol Harum e Moody Blues a proporre una rivisitazione in chiave rock della musica classica, nel 1970 organizza un super gruppo con Greg Lake, bassista e vocalist de King Crimson, e Carl Palmer, drummer degli Atomic Rooster, chiamato Emerson Lake & Palmer, a dimostrazione dello spiccato egocentrismo dei tre. Il primo album, che ora vado a recensire, è un capolavoro poichè la musica è ancora un equilibrato mix tastiere-basso-batteria; col passare del tempo Emerson assumerà sempre più il comando del gruppo, che diventerà una macchina commerciale, e quindi il suono si sposta interamente sulle tastiere. Ho ascoltato tutta la loro discografia e album come Tarkus, Trilogy o Brain Salad Surgery non sono affatto male, anzi, ma ce ne sono altri, come Love Beach, completamente da evitare, quindi se non li avete mai ascoltati e dopo l'ascolto del primo album non vi sono piaciuti, vi consiglio di fermarvi qui, altrimenti ascoltate anche tutto il resto. L'album si apre con quello che è a mio parere il miglior pezzo degli ELP: The Barbarian, pezzo breve e al fulmicotone: Keith va a duecento, degnamente supportato da Lake, mentre Palmer dimostra tutta la sua (insospettabile fin ora) classe nella parte finale quando chiude il pezzo accelerando in una maniera inaudita. La seconda traccia, Take a pebble, è il pezzo più lungo dell'album, e qui duettano alla grande Keith e Greg: dopo un'introduzione piano e voce il filo conduttore passa al bassista che ora imbraccia la chitarra acustica, dopodichè le tastiere ritornano a condurre per il finale che richiama il tema di apertura. Bellissimo. La terza traccia, Knife-Edge, è condotta interamente da Keith più la calda voce di Greg: allegra, veloce e incredibilmente semplice, fantastica. La traccia successiva, The three fates, è una breve suite condotta ancora da Keith, ma supportato alla grande dai due compagni: divisa in tre parti, ciascuna intitolata ad una delle tre parche, o moire, esecutrici del fato nella mitologia greca, cioè Clotho, Lachesis e Atropos. La quinta traccia, Tank, è una canzone ben strutturata divisa nella conduzione fra il solito Emerson e, stavolta, Carl Palmer, autore di un pregevole assolo nella parte centrale. Infine, Lucky man è una ballata firmata Greg Lake e quindi composta da voce, chitarra acustica e batteria, eccetto l'invadenza di Keith nella parte finale. In conclusione è un album da ascoltare sicuramente per chiunque sia appassionato di progressive; a qualcuno non piace un sound troppo incentrato sulle tastiere, ma l'abilità di Emerson è magistrale, e nel 1970 era ancora con i piedi per terra.
Pubblicato da bob alle 19:27 8 commenti
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martedì 5 febbraio 2008
Colosseum - Valentyne Suite (1969)
Ciao a tutti. Io sono bob e questo è il mio primo post del mio primo blog, un blog dedicato alla musica progressive, il mio genere musicale preferito. Tale blog non ha alcuna pretesa, semplicemente recensisco quelli che sono i miei dischi preferiti dei miei autori preferiti, e mi piacerebbe ascoltare i vostri pareri e magari i vostri consigli, per allargare il mio orizzonte musicale. Comincerò con un gruppo a me molto caro, i Colosseum, i quali esordiscono con un album mediocre e sfondano con il secondo, Valentyne Suite nel 1969, di cui la recensione. L'album è diviso in due sezioni nettamente distinte, che originariamente componevano il lato A e il lato B del vinile. Fra l'altro il vinile lo avevo pure trovato in un mercatino a Bari, ma costava intorno ai 70 euro, quindi ho dovuto ripiegare sul cd, comunque è probabile che sia ancora lì, se a qualcuno può interessare. Il lato A è composto da quattro canzoni brevi e melodiche, molto inclini al blues, con la bella voce del chitarrista James Litherland che fa da protagonista. Molto belle la prima traccia The Kettle e la quarta The machine demands a sacrifice. La seconda facciata è un vero e proprio capolavoro: composta da un'unica suite divisa in tre atti, The Valentyne Suite, è rapida e veloce, alterna jazz a blues a rock sinfonico, fa emergere la grandissima caratura tecnica dei musicisti, insomma è fighissima, e quando finisce non rimane altro che dire "ma come, è già finita?". Il batterista Jon Hiseman è in grande spolvero, è potente e rapido e la sua tecnica inconfondibile, rullanti e piatti a palla, pochi come lui sanno dettare il ritmo, insieme al bassista Tony Reeves costruiscono un muro di suono su cui un indiavolato Dave Greenslade alle tastiere ed il sassofonista Dick Heckstall-Smith, secondo solo a David Jackson probabilmente, tessono trame veloci e coinvolgenti. Tutto il disco è godibilissimo e scorre via come pochi, non ha momenti deboli o neanche vagamente noiosi, sembra addirittura troppo breve. Penso che quest'album sia l'emblema di un prog contaminato da blues e jazz, nessun altro saprà fare altrettanto, almeno non così bene. Dopo altri due album il gruppo si scioglie, rinasce nel 1975 sotto la sigla Colosseum II, si riscioglie e rinasce negli anni 90 ancora come Colosseum, ma il gruppo non sarà mai più in grado di ripetersi. Beh, direi che questo è tutto, se non conoscete questo album scaricatelo ed ascoltatelo, se ne avete voglia, perchè merita. Alla prossima.
Pubblicato da bob alle 11:57 3 commenti
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