lunedì 29 settembre 2008

Faveravola - La contea dei cento castagni (2007)

Quando si ascolta per la prima volta questo album si rimane sbigottiti dall'aura retrò che lo permea, sembra davvero un album prog anni '70, e invece è appena dello scorso anno. L'effetto è ovviamente voluto e direi riuscito. I Faveravola sono musicisti che negli anni '70 facevano parte di varie band progressive e che ora hanno deciso di formare insieme un gruppo che richiami quei suoni vintage a loro, e anche a me, così cari. Si tratta di Giancarlo Nicorelli alle tastiere, Consuelo Marcon al violino, Alessandro Bonotto alla chitarra acustica, Adriano Durighetto al basso, Paolo Coltro a batteria e percussioni, Gianluca Tassi alla chitarra elettrica, Franco Violo alla voce, Tiziana Carraro alla voce e Luca Boldrin al flauto. La Contea dei cento castagni è un lavoro tipicamente italiano, assomiglia a tanti altri album progressivi italiani, ma è molto ben curato, molto ispirato, ha qualcosa in più della media. L'atmosfera è calma, pastorale, in un paio di canzoni la chitarra è elettrica, predominano piano ed organo arricchiti dal violino e da un dolcissimo flauto, responsabile di quel tocco in più di cui parlavo prima. Lo stile è a metà fra folk quasi medievale, si narra infatti di contee, elfi e cavalieri, e prog sinfonico; risultano canzoni spesso orecchiabili e melodiche. Tutto l'album è molto omogeneo, le canzoni si assomigliano fra loro ed è come sospeso in un mondo antico, fantasy, che comunica grazia e serenità tramite un sound romantico e caldo. Sono 12 tracce e si comincia con L'antefatto in cui la voce è inizialmente narrante e in seguito comincia a cantare, il flauto fa subito capolino a dare manforte alle tastiere che dominano il brano. Le canzoni sono spesso così strutturate: basso e batteria definiscono il ritmo e non si lasciano mai andare ad intrusioni nella melodia, le tastiere e la voce disegnano la melodia, mentre chitarra, flauto o violino fanno da voce aggiunta, in pratica. Le tracce seguenti sono Lo specchio, intimista e malinconico, e la Contea dei cento castagni, sempre sulla stessa linea, melodie interessantissime. Poi viene La foresta degli elfi alati, più hard, trascinata da organo e chitarra elettrica. L'incontro torna su atmosfere più calme, con la voce femminile a supportare quella maschile, è un altro episodio pop breve ed intenso. Il sogno è malinconica e triste, organo e voce in primo piano, la melodia sempre stupenda. La piana dei Temoli del Livenza vede la presenza di Aldo Tagliapietra delle Orme che duetta con Franco, torna la parte narrata su una base eterea su cui si innesta un flauto ipnotico che rende il brano irresistibile. Lo scontro è un'altra traccia più pesante rispetto allo standard del disco, il ritornello è indovinatissimo e orecchiabile, altro brano ben riuscito. Danza di Messer Reale e Madonna Fantasia è una breve traccia pop con ancora la voce femminile su quella maschile, sembra quasi una canzone di De André per melodia e arrangiamento. Leggenda della foglia della vita e del vento, Neorinascimento e Strada ai confini di... sono i brani conclusivi che nulla aggiungono al disco ma di certo non ne abbassano il livello. Complimenti ai musicisti, un album bellissimo in tempi in cui il prog non ha di certo un tornaconto commerciale.

lunedì 22 settembre 2008

le Orme - Felona e Sorona (1973)

Siamo al capolavoro delle Orme e uno dei migliori album del prog italiano. Il lavoro più ambizioso e riuscito delle Orme, il più progressivo, il più elaborato, il più complicato. Felona e Sorona è un
concept album composto da 9 tracce conseguenziali che narrano di due pianeti (Felona e Sorona) contrapposti e complementari, alla felicità e alla luce di uno corrisponde l'infelicità e il buio dell'altro, trovano l'equilibrio per una frazione di secondo finché la contrapposizione non ricomincia, e così per sempre. Una chiara allegoria dei rapporti umani. Quindi il gruppo veneziano si confronta per la prima volta con un concept, non più semplici testi pop ma liriche elaborate e correlate, spesso sublimi, alcuni brani sono vere e proprie poesie. Anche la musica diviene più complessa, pur mantenendo i caratteri dolci e melodici tipici del gruppo. Le atmosfere sono un alternarsi di brani ariosi e luminosi e canzoni cupe e opprimenti, proprio a rappresentare le diverse situazioni che vivono i due pianeti, il risultato è meraviglioso. L'opening è Sospesi nell'incredibile, il brano più lungo e una delle migliori prog song della nostra produzione: trascinata dalle tastiere con una leggera chitarra ritmica di sottofondo, l'atmosfera è tesa e i testi sublimi, nella parte centrale Toni si lascia andare alla psichedelia con anche un breve solo di batteria a chiudere il brano. Dopodiché comincia, anzi si incastra, una delle canzoni pop più belle della storia della musica italiana: Felona è un breve brano semplice e maestoso, la melodia è unica, i testi emozionanti, irripetibile. La solitudine di chi protegge il mondo è un intermezzo breve per voce e piano ad introdurre il brano seguente, molto dolce e commovente. L'equilibrio è un altro brano elaborato, più veloce ed aggressivo, con synth e basso protagonisti: dopo la parte cantata il gruppo si lascia andare in una cavalcata quasi jazz in cui Toni si diverte con più tastiere e conclude in maniera dolcissima ed inaspettata. Sorona è un pezzo breve e cupo, si contrappone così a Felona che invece è molto arioso e rassicurante, prevalgono suoni bassi e testi apocalittici. Attesa inerte continua con la narrazione di ciò che sta accadendo su Sorona, quindi ancora atmosfere tetre e volutamente prive di grazia, il brano si fa più complesso e contorto. Ritratto di un mattino e All'infuori del tempo cambiano totalmente registro: i due pianeti hanno raggiunto l'equilibrio quindi su entrambi vige ora serenità e pace, i suoni si fanno luminosi ed eterei, il sintetizzatore lascia il posto alla chitarra acustica di Aldo, la melodia è dolcissima, il prog si fa sinfonico. Ma l'equilibrio dura poco e uno dei due pianeti ritorna nel caos per il gran finale: Ritorno al nulla è il brano più aggressivo e rapido dell'album, è una fuga lunga e psichedelica, barocca, hard rock, che impegna parecchio i tre musicisti in un finale impressionante. L'album è stato anche pubblicato sul mercato inglese con testi tradotti da Peter Hammill e con discreto successo. E' la summa della produzione delle Orme, non riusciranno mai più a creare un suond così articolato e un risultato così impeccabile, anche se il livello delle loro pubblicazioni è sempre molto elevato. Ho anche questo disco in vinile originale.

mercoledì 17 settembre 2008

Jethro Tull

I Jethro Tull sono un gruppo ormai classico della storia del rock, qualunque rockettaro che si rispetti si imbatte in loro, per la loro lunghissima discografia e per la loro capacità di spaziare fra diversi generi. I Jethro Tull hanno attraversato varie fasi musicali durante la loro carriera, fra queste c'è ovviamente la fase progressiva, giunta inizialmente per caso, per allinearsi con la musica in voga in quel periodo; in seguito è stata una scelta più consapevole, più pianificata, ed infine abbandonata. Leader indiscusso dei Tull e unico membro ad essere nel gruppo dall'inizio alla fine, che non è ancora arrivata, è uno scozzese di Edimburgo, Ian Anderson, genio eclettico, spontaneo, prolifico e completamente privo di preparazione classica, kitsch in certi frangenti. Nel 1967 a Londra incontra i suoi futuri compagni di squadra, Mick Abrahams, chitarrista innamorato del blues, Glen Cornick al basso e Clive Bunker alla batteria, mentre Ian canta, suona tastiere, chitarra e soprattutto il flauto, strumento che usa in maniera solista, ed è il primo ad avere questa idea. I quattro decidono di chiamarsi come l'inventore della mietitrebbia e incidono il primo album This was, ancora molto blues, ma con pezzi molto molto interessanti, che lasciano intravvedere la fluidità posseduta da Ian in fase di composizione, come dimostra la stupenda A song for Jeffrey. Il carisma di Anderson si scontra chiaramente con qualunque altra figura nel gruppo che abbia una forte personalità, nella fattispecie Mick Abrahams lascia a questo punto i Tull perchè non d'accordo con Ian sulla strada da intraprendere. Mick infatti è troppo intrippato col blues e va a fondare i Blodwyn Pig, gruppo discreto di cui consiglio l'ascolto di Ahead rings out. Ian invece sta cercando un nuovo sound e sostituisce il chitarrista con Martin Barre, persona molto mite e fedele che ancora oggi è al suo fianco, dopo aver scartato Toni Iommi che andrà nei Black Sabbath. Il nuovo album si intitola Stand Up e vede un'evoluzione dello stile verso sonorità folk e hard, senza perdere la matrice blues che accomuna i musicisti. Questo lavoro contiene le bellissime A Christmas song, Love story e la pacchiana Bouree, composizione di Bach rifatta in chiave folk-blues dal flauto di Anderson accompagnato solo dal basso e una leggera percussione, episodio più tamarro che altro, ma apprezzo l'inventiva e il coraggio del leader. Costui comincia a diventare famoso nei circuiti rock, sia per la passione, l'animosità che mostra sul palco, sia per certe prese di posizione controcorrente. Infatti in pieno periodo figli dei fiori egli biasima l'uso di droghe e non vuole nel suo gruppo gente che ne abusa, per questo la formazione subirà parecchi cambi. Non solo, è anche critico nei confronti della rivoluzione sessantottina in corso in quel momento storico e i suoi testi spesso esprimono con ironia queste idee. Nel 1970 Glen Cornick viene allontanato dal gruppo per le sue continue avventure con le groupies (che palle quell'Anderson) e al suo posto entra Jeffrey Hammond, inoltre viene ingaggiato un tastierista di ruolo, John Evan, che aveva già ruotato nell'orbita della band. Viene così realizzato Benefit, simile al precedente, non particolarmente interessante se rapportato alla prima fase del gruppo, la più prolifica ed originale. L'anno seguente è l'anno di grazia per i Tull: pubblicano Aqualung, album più famoso e probabilmente più bello, che li consacra a livello mondiale. Il suono qui diventa più aspro, più aggressivo, più hard, mentre il tema tratta di religione, è un involontario concept religioso. Involontario perché, per ammissione di Anderson stesso, non era stato pianificato così, ma alla fine tutte le canzoni parlano di religione, di cosa ne pensa il cantante della religione. Ovviamente la sua visione è molto dissacrante e si scaglia contro l'ipocrisia e il lusso del clero. L'album contiene la bellissima My god, oltre ad Aqualung e Locomotive breath, altri cavalli di battaglia. La band è ormai pronta per il primo tour mondiale ma deve rinunciare a Clive Bunker, che si sposa e preferisce rimanere a Londra. Al suo posto entra Barry Barlow e con questa nuova line-up viene realizzato Thick as a brick, prima opera volontariamente progressiva e concept. Infatti finora tracce di progressive erano riconoscibili, almeno da Stand up in poi, ma erano appunto solo tracce. Thick as a brick è invece una lunga suite che copre per intero le due facciate del vinile, il suono è ancora molto hard, però è evidente il tentativo di aderire alla moda progressiva vigente. Ascoltare una canzone lunga 40 minuti alla fine è abbastanza esasperante, quindi il mio consiglio è trovare una versione dal vivo, dove di solito la restringono in 20 minuti, molto meglio. La copertina dell'album è la prima pagina di un giornale che riporta notizie completamente inverosimili, mentre i testi sono sottilmente non-sense. L'obiettivo di Ian è infatti prendere in giro gli artisti progressivi realizzando un'opera essa stessa progressiva, e i testi sono semplicemente la trasposizione umoristica dei testi poetici ed astratti delle prog band. Del 1972 è A passion play, opera prog stavolta seria, ancora composta da un'unica traccia per tutto l'LP. Stavolta i risultati non sono dei migliori, è un album a tratti ascoltabile, a tratti piacevole, a tratti irritante, nel complesso mediocre. Anche il pubblico rimane deluso da questa svolta seriosa della creatura di Anderson. Da questo momento in poi la band abbandona il prog per tornare inizialmente al folk, poi ad un redditizio pop-rock, senza disprezzare spolverate di elettronica durante gli anni 80. La formazione subisce numerosi e continui cambi, ma la band è oggi ancora attiva, l'ultimo album pubblicato è del 2003 e porta il numero di album in studio a 23. Non ho avuto voglia di ascoltare tutta la loro sconfinata discografia, mi sono fermato sul finire degli anni '70, comunque i primi album fino a Thick as a brick sono parecchio belli, in ogni caso listo i brani che mi hanno particolarmente colpito. I Jethro Tull sono stati e sono tuttora uno dei gruppi principali dell'universo del rock, apprezzabili per coerenza, impegno ed ispirazione. Ho Aqualung in vinile originale e li ho visti a Bergamo nel 2009.

thick as a brick (live)
bungle in the jungle
my god
stormy monday blues
jack-a-lynn
wind up
jeffery goes to leicester square
wond'ring aloud
wond'ring again
to cry you a song
skating away on the thin ice
life is a long song
locomotive breath
aqualung
mother goose
crosseyed mary
teacher
living in the past
nothing is easy
bouree
a new day yesterday
a christmas song
beggar's farm
a song for jeffrey
sweet dream
part of the machine
love story
we used to know
look into the sun
back to the family
singing all day

lunedì 15 settembre 2008

Immigrati in Italia

Ieri mattina a Milano è stato ucciso un ragazzo diciannovenne. Era di colore ma era italiano, nato e vissuto in Italia, è stato ucciso con una sprangata alla testa. Dopo aver passato la notte in giro con gli amici era finito in un bar alle 7 del mattino per fare colazione, malauguratamente ha avuto l'idea di rubare un pacco di biscotti, è stato visto dai proprietari, inseguito e picchiato. I due proprietari gli hanno dato una mazzata in testa e l'hanno lasciato a sanguinare sul marciapiede, senza prestargli soccorso o almeno avvertire un'ambulanza. Si sono difesi dicendo che pensavano che avesse rubato l'incasso, ma se così fosse come mai non gli hanno frugato nelle tasche per riprendersi il maltolto o non hanno avvertito la polizia per la denuncia? Poi asseriscono che se fosse stato un ragazzo bianco avrebbero reagito allo stesso modo. Complimenti. Ovviamente non credo ad una parola di quello che hanno detto, se fosse stato un ragazzo bianco e ben vestito col cazzo che lo inseguivano e picchiavano per la strada, poteva essere il figlio di qualche persona importante, ma anche se fosse stato semplicemente bianco, visto come si vestono i giovani d'oggi. Il ragazzo è morto sul colpo, chissà cosa gli era passato per la testa in quel momento, è descritto da tutti come un bravissimo ragazzo che non beveva, non fumava, aveva un lavoro e una ragazza. Ovviamente. A me questi particolari non interessano, poteva essere un trafficante di armi e cocaina, la gente non si ammazza per la strada come una bestia. Il problema è che qui in Italia l'integrazione razziale non è mai avvenuta, gli stranieri vivono nei ghetti, fanno i peggiori lavori, sono trattati come bestie da tutti, è inutile dire che qui in Italia non siamo razzisti, la gente vede gli stranieri con diffidenza, lo vedo tutti i giorni. Anche gente adulta, con istruzione e cultura, i miei colleghi ad esempio, hanno parecchi pregiudizi sugli extra comunitari, sarà che qui li hanno sempre visti come una minaccia per il loro lavoro, la loro città, le loro donne. Il nostro paese trarrebbe parecchio giovamento dagli stranieri, è questo che la gente non capisce, se li si regolarizzasse, cioè se le modalità di regolarizzazione fossero più leggere e non le tipiche procedure di burocralandia, se pagassero le tasse, se avessero condizioni di vita migliori sarebbe un vantaggio per tutti. Se c'è qualche straniero che sclera ogni tanto è perchè vivono ai margini, sono poveri circondati da gente ricca, e nonostante i loro sforzi questa società e questo sistema impedisce loro di migliorare la propria condizione. Mi incazzerei di brutto anch'io. Come se ciò non bastasse appena sgarrano un minimo vengono ammazzati senza pietà. Seguirò questa vicenda e voglio vedere se i due commercianti avranno ciò che si meritano, ma ne dubito. Paese del cazzo.

venerdì 12 settembre 2008

Addamanera - Nella tasca de il zio (2005)

Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di questa band grazie ad un mio amico che ha amici in Sicilia, precisamente a Messina, da cui questo gruppo proviene. Non ricordo se li conosce di persona o hanno conoscenze in comune, comunque sono spettacolari. Sono spesso catalogati come band folk psichedelica, ma c'è parecchio progressive nella loro musica, almeno secondo il mio punto di vista. La strumentazione è per lo più acustica, si sentono un sintetizzatore e una chitarra elettrica ogni tanto, ma la maggior parte degli strumenti sono acustici, e neanche tanto consueti. Si potrebbero accostare ai Comus ma risultano molto più orecchiabili e meno cupi, anzi spesso sono allegri ed ironici, ci sento tracce di Battiato (sono siciliani) ed Area. Infatti il suono pone molto accento sulla tradizione folk mediterranea, quasi orientale, proprio come faceva il gruppo milanese, ma con una certa attenzione verso la melodia e la dolcezza dei toni, come il cantatutore catanese; tutto ciò in chiave folk psichedelica. I testi sono dolcemente non-sense e molto divertenti. Ciò che ne viene fuori è un gran bell'album, classificatelo come vi pare. Il gruppo è formato da Daniele Calandra alla voce (stupenda), chitarra e fisarmonica, Ulisse Mazzagatti alla chitarra e alla voce, Fabio D'Andrea al synth, piano, flauto e voce, Simone Di Blasi a batteria, percussioni e clarinetto. A questi musicisti se ne aggiungono altri per integrare il basso, il sax, il violino, l'oboe, la viola e la tromba. Quindi il suono è incredibilmente ricco e trascinante. Il lavoro si apre con Neurogenesi, la traccia più progressiva, che comincia con uno scacciapensieri al sintetizzatore e, dopo un bel ritornello cantato, parte un pezzo progressivo per piano e chitarra che farebbe invidia al Banco. La seconda traccia è Gli altri non sapevano niente, altro bel pezzo dai toni tenui, folkloristico e psichedelico, quando si arriva alla parte cantata ci si accorge della bellezza di questa canzone. (Qualcosa a qualcuno) bla bla è una traccia breve, allegra e spensierata, con il synth che accompagna il coretto, fra pop e psichedelia, molto bravo Simone. Si prosegue con Il piromane, altra traccia breve, goliardica, orecchiabile, con Daniele divino nella parte cantata. Successivamente vi è La barca, canzone lunga e variegata che, dopo un pezzo inziale romantico quasi in stile canterburyano, vira completamente registro spostandosi su suoni mediterranei, orientali, con percussioni scatenate. A seguire Libellule, la traccia più breve con cantato femminile in inglese di una certa Hanna Rifkin, canzoncina pop molto carina. Lemonjelly è la canzone più lunga dell'album e qui penso che il gruppo abbia ben presente i King Crimson perché è un brano nettamente diviso in due parti: parte con una melodia dolcissima, orecchiabile, molto ben curata, poi cambia decisamente esplodendo in un pezzo onirico, free, psichedelico al massimo, alla Moon child. Si prosegue con La reale forma del vaso, traccia degna del miglior Battiato, con il batterista in grande spolvero e un motivo che prende subito, canzone pop raffinata e piacevole. Il vaso è una canzone tranquilla, psichedelica, da ascoltare attentamente per coglierne ogni sfumatura, e sono numerose le sfumature. Chiudono l'album Viandante e Langue, in dialetto siciliano, canzoni pop molto belle. Non ho idea della reperibilità di questo album, ma penso sia molto difficile trovarlo, anche online, comunque se vi capita sottomano vi consiglio vivamente di ascoltarlo, vi conquisterà all'istante.

martedì 9 settembre 2008

Asia - Asia (1982)

Avevo già espresso il mio apprezzamento per i supergruppi, gli Asia sono probabilmente il miglior supergruppo che la storia del prog abbia avuto, ad esclusione degli ELP, se possono essere considerati tale. Autori di una decina di album fra gli anni 80 ed oggi, il capolavoro è sicuramente l'album d'esordio omonimo. Dopo lo scioglimento degli UK il bassista cantante John Wetton, che ormai conosciamo bene, comincia a lavorare con Steve Howe, il chitarrista che ormai ha abbandonato gli Yes. A costoro si uniscono prima Geoff Downes, tastierista dei Buggles, e poi il batterista Carl Palmer, dagli sciolti ELP. Questa formazione dura poco ma quanto basta per registrare un album capolavoro, questo, ed un album discreto, il secondo Alpha. Il resto della produzione è via via sempre meno apprezzabile, a causa di un evidente calo di ispirazione e di cambi di formazione, che vedono l'abbandono di Steve Howe prima e John Wetton poi, rimpiazzati da altri musicisti a rotazione. Nel 1990 il gruppo è protagonista di un bel concerto a Mosca, con Pat Thrall a sostituire Steve Howe, da cui è tratto un album semiufficiale intitolato Live in Russia, di cui consiglio l'ascolto. Quest'anno la band, che non ha mai smesso di pubblicare album, è tornata alla formazione originale ed ha pubblicato Phoenix, ben accolto dalla critica, che devo ancora ascoltare. Gli Asia raccolgono l'immediata eredità degli UK, che già avevano cominciato quella commistione di prog e pop, e la sviluppano ulteriormente portando ciascuno il proprio bagaglio musicale, si consideri che Geoff Downes è l'autore del brano Video killed the radio star (è il tizio con gli occhiali che si vede nel video). Ciò che ne viene fuori è un pop orientato verso il progressive, definito da alcuni AOR, cioè Adult Oriented Rock, un rock serio, un rock per ascoltatori maturi. Questa definizione non mi piace, visto che ho iniziato ad ascoltare gli Asia in tenera età apprezzandoli parecchio, gli Asia suonano quello che per me sarebbe il pop ideale, canzoni orecchiabili e facilmente memorizzabili, ma al contempo con cambi pregevoli, assoli seri e parti di difficile esecuzione. Il primo album incontrò il favore del pubblico, che lo eresse al primo posto della classifica degli album più venduti per nove settimane, mentre i singoli Only time will tell e Heat of the moment passavano continuamente in radio e su Mtv. L'album si apre proprio con Heat of the moment, pop song travolgente, orecchiabile, ballabile, citata da Cartman in una puntata di South Park e divenuta una classica hit degli anni 80. Non è neanche tanto semplice nell'esecuzione. La seconda è l'altro singolo Only time will tell, la mia preferita, con Carl fantastico al campanaccio. E' una canzone rock a conti fatti, con John che risulta adattissimo alla causa e Steve e Geoff che arricchiscono con inserimenti pregevoli sulla indovinatissima melodia. L'attacco è semplicemente divino. Si prosegue con Sole survivor, altra canzone prettamente rock che mia mamma una volta scambiò per una canzone di Sting. Qui è John a dettare il ritmo col suo basso, ancora una volta il ritornello colpisce come un martello e le partiture, piuttosto semplici, sono curatissime. One step closer è invece trascinato dalla chitarra, mai così pop, mentre Time again è la traccia più prog dell'album, poiché è leggermente più complicata delle altre nella costruzione, ma comunque orecchiabilissima. Wildest dreams è forse l'episodio meno interessante, è una canzone pop semplice e raffinata, carina. Without you è invece il momento intimista, è meno allegra delle altre, il titolo lo fa intuire, e propone una melodia dolce e malinconica per la quale la voce di John è perfetta. Cutting it fine è invece il momento di Geoff, dato che è lui il principale protagonista di quest'altra pop song pregevolissima. Il lavoro si chiude con Here comes the feeling, dal testo pacchianissimo e sdolcinatissimo, ancora molto orecchiabile e easy listening, anche se con virate ed aperture di elevato livello tecnico. La voce calda e passionale di John si adatta benissimo al nuovo sound, come il suo basso che detta il ritmo senza invadere il campo; Carl attenua leggermente i toni senza perdere la precisione maniacale delle sue percussioni e senza risparmiare alcune uscite più complicate e cervellotiche; Steve recupera i momenti più pop degli Yes e li ripropone nella sua nuova band; Geoff porta quella componente disco che rende il sound Asia particolare ed originale. Ultima nota, la copertina è stata disegnata da Roger Dean, colui che disegnava le copertine degli Yes, passato ora dalla matita al mouse, con la tecnologia che avanza. Da questo momento l'artista abbandona gli scenari fantasy per passare a tematiche futuristiche e spaziali, inoltre porterà miglioramenti a livello di implementazione al noto programma di grafica Photoshop. Non credo alla teoria della svolta commerciale dei quattro, secondo la quale l'intera operazione sarebbe stata solo una manovra commerciale studiata a tavolino, credo più che sia stata un'iniziativa spontanea e il suono che ne è uscito fuori era semplicemente il più adatto ai tempi che correvano, e a me piace molto. Musicisti di tale livello e tale fama non avevano sicuramente bisogno di denaro e di certo non si sarebbero sputtanati per qualche soldino, resta il fatto che i progster più incalliti storcono il naso (o le orecchie) all'ascolto degli Asia, ma io non la penso così.

mercoledì 3 settembre 2008

Marijuana

Oggi ho letto un articolo su Repubblica, un articolo che ha a che fare con la marijuana, pianta miracolosa che apprezzo parecchio. Questo lato di me non è ancora emerso, ma mi confesso consumatore assiduo di cannabis e fra le poche persone che sono convinte che l'erba non faccia male. Fumo quotidianamente da una decina di anni e il mio rendimento in termini di studio, lavoro, relazioni interpersonali non ha mai subito variazioni sospette. Inoltre con orgoglio ho provato l'autoproduzione e la segnalo come una delle esperienze più soddisfacenti ed emozionanti che si possano provare. Ciò fa di me un criminale potenzialmente pericoloso per le istituzioni e per l'umanità intera. A questo punto cerchiamo di saperne di più sulla cannabis, la pianta del demonio. Ha inizio circa nel 6000 a.C. la coltivazione e l'utilizzo della cannabis, sarà utilizzata per moltissimi secoli da moltissime popolazioni, nel 3000 a.C. venne definita "Erba superiore" da alcuni cinesi che già la sapevano lunga. Sebbene la marijuana non sia inoffensiva, è talmente meno dannosa dell'alcool o del tabacco che il solo modo ragionevole di gestirla è renderla legalmente disponibile in un sistema controllato. Il tabacco per esempio costa agli Stati Uniti circa 425.000 vittime ogni anno; l'alcool da 100.000 a 150.000 vite, per non parlare di tutti gli altri problemi causati dal suo utilizzo. Con la cannabis non c'è mai stato un singolo caso di morte documentata dovuta al suo utilizzo. La cannabis era una droga molto utilizzata sino al 1941, quando venne tolta dalla farmacopea americana. Questo avvenne dopo il passaggio della prima delle draconiane leggi statunitensi anti-marijuana nel 1937, la Marijuana Tax Act, di cui parlerò in seguito. Alcuni anni fa fu scoperto dal dott. Solomon Snyder che nel nostro cervello esistono sostanze dette oppiodi endogeni, ovvero sostanze come l'oppio che noi produciamo spontaneamente nei nostri organismi. Se il cervello produce da sé sostanze di tipo cannabinoide è difficile pensare che queste siano dannose, almeno non in quantità assimilabili da uno spinello (ma neanche da 10 spinelli). L'FBN (Federal Bureau of Narcotics) venne organizzato nel 1930 da un tizio di nome Anslinger: questi intraprese quella che chiamò una "grande campagna educativa", che in realtà risultò essere una grande campagna di disinformazione. La Partnership for a Drug Free America ha un budget di circa 1.000.000 $ al giorno. La maggior parte di quel denaro giunge da compagnie farmaceutiche e distillerie, le quali hanno qualcosa da perdere per ovvie ragioni. Infatti immaginate un paziente che richiede chemioterapia contro un tumore: potrebbe assumere il migliore dei farmaci anti-nausea, l'ondansetron, pagando circa 35/40 $ per ogni pillola da 8 mmg, altrimenti potrebbe fumarsi metà di uno spino di marijuana e ricavare sollievo dalla nausea, pagandola al massimo 10 $ al grammo. Tuttora la disinformazione dei dottori è molto elevata, questo perché i medici acquisiscono la loro educazione sulle droghe dalle compagnie farmaceutiche o dai rappresentanti delle stesse che vanno in giro presso gli ambulatori dei medici, come pure da articoli di giornali, pubblicità e campagne promozionali. Non c'è compagnia farmaceutica interessata alla cannabis. Vediamo in dettaglio quali possono essere le proprietà curative della cannabis: antinausea e antivomito;diminuzione della pressione arteriosa; alleviamento degli spasmi muscolari; contro i dolori cronici; contro mal di testa ed emicrania;per rinforzare il sistema immunitario; per dilatare i bronchi polmonari, quindi contro l'asma; contro l'epilessia; contro il glaucoma. Esiste inoltre la prova documentata che alcool e tabacco sono più nocive della marijuana, ma ovviamente questo studio è stato opportunamente celato. Ufficiali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) a Ginevra hanno soppresso la pubblicazione di un rapporto politicamente delicato che conferma un'ipotesi tendenziosa: la cannabis è più sicura dell'alcool e del tabacco. Secondo un rapporto che è trapelato dalla rivista New Scientist, le analisi concludono non solo che la quantità di cannabis fumata in tutto il mondo faccia meno danni alla salute pubblica di alcool e sigarette, ma che questo rimarrebbe vero anche se la gente ne consumasse nella quantità in cui consuma (abusa) alcool e sigarette. Il rapporto sarebbe stato il primo della WHO sulla cannabis in 15 anni ed era molto atteso dai dottori e dagli specialisti in abuso di stupefacenti. Comunque, venne insabbiato all'ultimo minuto in seguito ad una lunga e intensa disputa tra ufficiali della WHO, gli esperti della cannabis che hanno redatto il rapporto, ed un gruppo di consiglieri esterni ritenuti essere dell'Istituto Nazionale statunitense sull'Abuso di Droga e del Programma Internazionale di Controllo della Droga delle Nazioni Unite. Secondo un membro del gruppo di esperti che lo hanno redatto, i consiglieri temevano che il rapporto sarebbe stato utilizzato dai gruppi a favore della legalizzazione della marijuana.
Cerchiamo ora di indagare sull'origine dell'uso della cannabis. “Sarebbe di interesse universale nella storia dell’umanità scoprire che è stata la coltivazione della canapa a inventare l’agricoltura e di conseguenza la civiltà”. Non sono le speranze di un hippy sballato in vena di rivincite ma le parole di Carl Sagan, l’astrofisico consulente della NASA, padre del progetto S.E.T.I. (Serch for ExtraTerrestrial Intelligence) e fondatore della Planetary Society. La forte “attrazione” tra lo scienziato e la cannabis è risaputa, mentre la cosa poco nota è che nelle parole di Sagan si nasconde una profonda verità: la canapa effettivamente è una delle piante più antiche che l’uomo conosca. A conferma di ciò vi sono numerose testimonianze archeologiche in ogni angolo della Terra che indicano senza ombra di dubbio come la canapa era conosciuta e coltivata in epoche remotissime: uno per tutti, il ritrovamento a Catal Huyuk, antica Mesopotamia, di manufatti in canapa risalenti, secondo i ricercatori, a circa 8000 anni prima di Cristo. Non sappiamo con certezza se la canapa è stata la prima o la seconda pianta coltivata dall’uomo e sinceramente non siamo qui a stabilire una graduatoria di anzianità ma semmai per comprendere le vere motivazioni che portarono al suo divieto in moltissimi paesi di tutto il mondo. Una proibizione che di punto in bianco dopo millenni di utilizzo nelle più svariate applicazioni, che vedremo in seguito nel dettaglio, rese illegale una pianta messa a disposizione per noi dalla natura. Le motivazioni ufficiali certamente saranno state validissime per mettere al bando una pianta che cresce velocemente senza l’ausilio di prodotti chimici, da cui si produce carta di ottima qualità, tessuti resistentissimi, materiali plastici biodegradabili per l’edilizia, combustibili poco inquinanti, medicinali. I papiri egizi e cinesi che nonostante tutto questo tempo sono giunti integri fino ai nostri giorni, le antichissime mappe cartografiche della Terra, la prima Bibbia di Gutemberg, avevano una sola cosa in comune: la canapa. Per non parlare dei primissimi preparati erboristici che sciamani e curanderos, dalla Siberia al Sud America passando per l’intera Europa, utilizzavano per alleviare le più svariate patologie, e più recentemente almeno la metà dei medicinali usati per tutto l’Ottocento. Come mai queste informazioni importanti si sono perse negli anni, e perché i media in generale, il cui unico servizio è appunto quello di informare, hanno sempre taciuto? Il punto è, allora, come mai abbiamo scelto la strada del petrolio e abbandonato, anzi sbarrato, la strada della canapa? Per meglio comprendere questo punto, che sarà fondamentale ai nostri fini, dobbiamo tornare indietro di un secolo e mezzo e rivivere per un momento la situazione economica e industriale di allora. Ci troviamo a Pittsburg, negli Stati Uniti e davanti a noi si erge la prima raffineria petrolifera al mondo, nel 1850. Saltiamo in avanti di qualche decennio e arriviamo al 1917 quando la Compagnia Du Pont, della omonima famiglia, grazie a finanziamenti della Mellon Bank entra a far parte delle primissime industrie petrolchimiche. La Du Pont, per chi non la conoscesse, è la beneficiaria della maggior parte dei brevetti sulle materie plastiche: nylon, rayon, cellophan, vernici, ecc. La Mellon Bank di Andrew Mellon è una delle principali banche americane la cui sede principale, guarda caso, è a Pittsburg. Apro una parentesi per gli amanti del cospirazionismo perché sembra che Andrew Mellon e la famiglia Du Pont facessero parte del Comitato dei Trecento, il gruppo nato per controllare il sistema bancario mondiale. Chiudiamo la parentesi e ritorniamo a Pittsburg. I soldi forniti dalla Banca di Mellon permisero alla Du Pont di entrare in possesso della General Motor, una delle più grandi case automobilistiche di allora e delle principali tecnologie per la fabbricazione della carta dalla cellulosa del legno. Il 1919 fu un anno molto significativo perché succede qualcosa che avrà ripercussioni notevoli nella finanza e nell’industria: inizia il proibizionismo in America. Un periodo abbastanza lungo e oscuro (fino al 1933) in cui fu bandito totalmente l’alcool. Non tutti sanno però che all’epoca il carburante e/o combustibile era basato anche sull’alcol etilico detto etanolo, derivante dalla fermentazione di vegetali e cerali, e sull’alcol metilico o metanolo derivante dalla fermentazione del legno. Proibendo l’alcol da bere di conseguenza si proibiva anche l’alcol per uso industriale.Non finiscono le coincidenze perché il ‘33 è l’anno in cui termina il proibizionismo ma anche quello in cui Mitscherlich produce quella sostanza scoperta nel 1825 da Faraday: la benzina. Ora ipotizzare che il proibizionismo americano fu inventato per boicottare le benzine alternative è un po’ forte, però rimane il fatto che effettivamente all’epoca chiunque poteva prodursi in proprio il combustibile e forse questo poteva dare fastidio a qualcuno. Risolto il problema dei combustibili, rimaneva quello delle materie plastiche di origine vegetale: miscelando infatti steli di canapa e calce si può ottenere un materiale da costruzione simile al cemento ma molto più elastico e leggero. Questo è un altro gravoso problema per l’impero Du Pont che nel 1937 aveva brevettato un procedimento per la fabbricazione di materiali plastici dal petrolio. Come risolverlo?Una mano gliela diede la campagna mediatica disinformante del più grande magnate del giornalismo statunitense: William Randolph Hearst. Attraverso i suoi numerosi giornali divulgò notizie false in merito alla cosiddetta marijuana. Lo stesso termine marijuana fu una sua invenzione letteraria. Adottò dal dialetto di Sonora, località messicana famosa oggi come ieri per l’esportazione di droghe, una parola allora sconosciuta e la usò come strumento di propaganda terroristica psicologica. Fa certamente più paura avere a che fare con una sostanza che non si conosce rispetto ad una nota. Menzogne, che rasentavano il razzismo, diffamavano intere popolazioni come i messicani colpevoli secondo Hernst di essere solamente dei pigri fumatori di erba, o che mettevano in relazione le violenze sessuali nei confronti delle donne bianche da parte dei neri all’uso della droga. L’altra mano fu di un certo Harry Aslinger, il fortunato nipote di Andrew Mellon, quello della banca che nel frattempo è stato eletto anche Segretario del Tesoro, che usò gli articoli diffamanti di Hernst davanti al Congresso degli Stati Uniti d’America. Aslinger era a capo del Federal Bureau of Narcotics and Dangerous, l’Ufficio Federale Narcotici, e il risultato fu la famosissima Marijuana Act Tax. La prima legge che proibiva dopo oltre diecimila anni l’uso e la coltivazione della canapa. Risolto anche questo. Per la Du Pont, e tutti gli investitori dell’epoca che puntavano esclusivamente sul petrolio, la Marijuana Act Tax fu una vera e propria manna dal cielo: tolse dai piedi una scomoda pianta dai mille usi e lasciò all’oro nero la strada sgombra. Ma soprattutto chi ne ha beneficiato di più è stata la lungimirante banca Mellon. Lungimirante perché oggi la Mellon Financial Corporation ha capitali in centinaia di aziende e/o multinazionali legate al petrolio e all’energia come la Chevron Texaco, Exxon, Mobil, Occidental Petroleum, Teco Energy, Total Fina, Ford, General Electric, oppure all’editoria come l’International Paper, The New York Times, Reader’s Digest Association, ecc. Quindi tornando al discorso iniziale, le motivazioni erano e sono tuttora molto valide. Tutti felici e contenti gli industriali, molto meno quelle persone che da anni combattono per rivalutare la canapa rendendole finalmente giustizia dopo decenni di proibizionismo. Uno stop che penalizza non solo noi costringendoci ad utilizzare i derivati del petrolio, ma soprattutto la nostra Terra che ne paga le conseguenze in termini ambientali.

martedì 2 settembre 2008

Renaissance - Prologue (1972)

Renaissance, secondo capitolo. Avevamo lasciato il gruppo ormai sfaldato durante la registrazione del secondo album, ciascun componente aveva ormai intrapreso strade diverse e altri session man si erano avvicendati per completare il lavoro. A questo punto il manager del gruppo è deciso a trovare altri membri fissi, anche tramite annunci su riviste musicali, lo storico Melody Maker per l'esattezza. Ad uno di questi annunci risponde Annie Haslam, una giovane cantante inglese, la cui estensione vocale è incredibilmente sconfinata. Alla chitarra entra Michael Dunford che aveva partecipato come session man alla registrazione del secondo lavoro, lo stesso dicasi per il tastierista John Tout, con trascorsi nella band di John Lennon e nei Wishbone Ash. Tramite amicizie comuni arrivano Jonathan Camp al basso e Terence Sullivan alla batteria per completare la formazione, che ora è pronta per registrare il terzo album Prologue. Questo si apre con la title track che mostra l'incredibile bravura dei musicisti nell'aver assimilato il sound dei predecessori ed inoltre mette in evidenza il diverso incedere pianistico di Tout rispetto ad Hawken, e soprattutto la voce della Haslam. Sembrava difficile, quasi impossibile, superare in bravura Jane Relf, invece Annie ci riesce benissimo, la sua voce ha grazia e potenza, raggiunge vette inimmaginabili mantenendo inalterata la cristallinità e la pulizia vocale. In questo brano non ci sono parole ma solo vocalizzi e ululati, poichè secondo la cantante le parole mal si adattano a timbri così alti. Tutto il brano attinge parecchio dalla musica classica, ma è arricchito con elementi folk e rock'n'roll che lo rendono davvero bellissimo. Tout ovviamente conduce, il suo incedere ricorda per certi versi l'organo dei Supertramp, o meglio il contrario, mentre anche il basso si fa sentire alla grande. Il secondo brano, Kiev, è più calmo e rilassato, ma non meno interessante, in cui il bassista canta insieme alla vocalist. E' una canzone con bei cambi di ritmo e virtuosismi, magniloquente. Sounds of the sea è introdotto dai rumori del mare, è anch'esso un brano lento condotto dal bravissimo e struggente John, mentre la voce di Annie è in primo piano dall'inizio alla fine, con acuti strepitosi. Mentre in Prologue il canto è più sanguigno, più hard, in questa traccia è evidente come una bella voce sappia emozionare anche su ritmi più calmi. Segue Spare some love, la traccia più pop e convenzionale dell'album, delicata e sognante, sempre molto bella. Bound for infinity è quasi un assolo di piano su cui vi sono i celestiali innesti vocali della cantante ad arricchire lo splendido lavoro di John. Traccia carica di grazia con una carica emotiva impressionante. Chiude Rajah Kahn, traccia lunga e sperimentale, il piano non è più protagonista principale a favore degli altri strumenti, soprattutto percussivi, e Annie applica ancora la tecnica dei vocalizzi, stavolta più che celestiali inquietanti, sinistri e solidi. Un gran bel brano sicuramente. A questo punto la line-up è ormai stabile e il gruppo si appresterà alla scrittura dei due album più celebri della band, ovvero Ashes are burning e Scheherazade and other stories, che però a me non piacciono più di tanto. Un lavoro che unisce sapientemente musiche medievali e atmosfere folk, ambientazioni classiche e spunti barocchi, con un sound che rimane sempre solenne e potente. Molto molto bello.