giovedì 30 aprile 2009

Goblin - The Goblin archive treasury: live concert 1979 world premiere recording (1979)

I Goblin non sono una band particolarmente capace o innovativa, nelle sue file annovera sì un grandissimo tastierista come Claudio Simonetti e un fior di batterista come Agostino Marangolo, ma deve le sue fortune soprattutto alla collaborazione con il regista horror Dario Argento, proprio negli anni della sua ascesa. Il prog rock proposto dal gruppo non si discosta troppo dalla tradizione italiana: incentra il suono sulle tastiere, con basso e batteria solidi e spesso protagonisti, mentre la chitarra si tiene sovente in disparte accontendasi di svolgere un ruolo da accompagnatrice, mentre la voce è raramente usata. Di tanto in tanto spunta anche un sax. Comunque bisogna dar loro atto dell'unicità delle atmosfere che riescono a creare. Non so se ciò è causa o conseguenza della collaborazione con Argento, sta di fatto che nessun gruppo (italiano) è in grado di creare atmosfere così macabre, tese, oscure, a volte malinconiche a volte aggressive, così adatte ad un clima nero. Nascono nel 1974, quando Claudio Simonetti, il bassista Fabio Pignatelli ed il chitarrista Massimo Morante concludono l'avventura negli sciolti Cherry Five, reclutano il batterista Walter Marino e, dopo aver trascorso un anno in Inghilterra a farsi le ossa, danno alle stampe "Profondo Rosso" con il nome Goblin. L'album nasce dalla collaborazione con Dario Argento, il quale li sceglie per i sinistri giri di organo presenti nella title-track e un po' in tutto l'album. Nel '76, dopo l'ingresso di Agostino Marangolo, pubblicano Roller, un altro capolavoro. Si continua così fino al 1980, anno dello scioglimento. Simonetti intanto fonda un altro gruppo di nome Daemonia, sulla stessa falsariga, ma nel 2001 i Goblin si riformano per un altro grande album qual è Non ho sonno, episodio finora rimasto unico dopo la reunion. In attesa della prossima pellicola. Il live che vado a recensire non è un album ufficiale dei Goblin, è un concerto che è stato incluso in un greatest hits. La raccolta in questione si intitola The Fantastic Journey in the Best of Goblin pubblicato nel 2000, ed è composto da un cd con il meglio dei brani in studio (trascurabile se siete dei veri fan dei Goblin) e un live intitolato The Goblin archive treasury: live concert 1979 world premiere recording, il quale, a mio parere, meglio riassume quanto di buono fatto dalla band romana, sia per la scelta dei brani che per la loro esecuzione. Se volete approfondire l'argomento consiglio l'ascolto di album fondamentali e bellissimi come Roller, Profondo Rosso, Suspiria e Non ho sonno. Il concerto vede in formazione Agostino Marangolo (un grande) alla batteria, Antonio Marangolo al sassofono, Massimo Morante a chitarra e voce, Fabio Pignatelli al basso e Claudio Simonetti alle tastiere. Pur presentando difetti palesi nel mixaggio e nell'acustica (la voce e la chitarra ne risentono particolarmente) i brani sono ben eseguiti, differenziandosi talvolta dalla versione in studio in senso positivo. Il live si apre con Aquaman, ed è l'unica traccia che poteva essere scelta meglio: vero è che la chitarra è molto penalizzata dalla pessima acustica, ma si tratta di una traccia non bellissima a parer mio, seppur gradevole. Si tratta di un brano per tastiera con arpeggi di chitarra e sax ad intercedere, con rumori di acqua in sottofondo; traccia tranquilla, ipnotica e d'atmosfera. La seguente è Snip Snap, differente dalla versione in studio perchè più lunga di circa il doppio e per la presenza del sax: è una canzone stupenda, funkeggiante e rock'n'rolleggiante, le tastiere conducono come sempre, basso e batteria duettano alla grande e il sax si ritaglia il suo spazio solista per una canzone giocata sulla ripetizione e la variazione di un riff indovinatissimo. Si prosegue con Profondo rosso, pezzo classico e immancabile in ogni live. Inutile parlare di una canzone così famosa e indubbiamente fascinosa. Dopodiché la band esegue Mark il Bagarozzo, e Massimo comincia a cantare: qui tastiere e chitarra finalmente si intersecano a dovere e tessono un motivo rapido e rockeggiante, che viene ripreso a fine traccia dopo una fuga per tastiere e chitarra. In conclusione vi è un assolo di chitarra la quale vede il suo unico momento solista. La canzone è molto ben costruita ed eseguita, anche se vorrei muovere una critica ai testi: gli scarafaggi hanno sei zampe, non otto. La successiva è Notte, canzone per voce e tastiera, le quali intarsiano un motivo stupendo creando un'atmosfera soffusa e tesa, mentre basso e batteria crescono via via. Opera magnifica è invece più vicina al pop: semplice nella costruzione strofa più ritornello, voce e tastiere in evidenza, ma non per questo meno affascinante. La successiva è Le cascate di Viridiana: traccia con un piglio più horror rispetto alle precedenti, in perfetto stile Goblin; il sax sale in cattedra e cura l'introduzione del brano, in seguito lascia le redini alla tastiera che ora è dolcissima, infine subentra la chitarra a chiudere il brano con un'altra variazione sul tema; in tutto ciò basso e batteria creano un muro ritmico stupendo. Chiude il concerto Un ragazzo d'Argento, traccia poppeggiante e melodica: le tastiere dettano stavolta il ritmo mandando in loop un riff bellissimo, il sax si intromette ogni tanto, la batteria è in grande spolvero e la voce fa il resto. Un'altra canzone meravigliosa che conclude alla grande un live molto ben riuscito. In conclusione, se non avete voglia di spulciarvi la vasta discografia dei Goblin, cercate questo album.

venerdì 10 aprile 2009

Lizard - W Galerii Czasu (1997)

La Polonia si è dimostrata nel tempo una nazione fiorente dal punto di vista musicale, curiosamente, soprattutto per quanto riguarda la produzione progressiva, al pari di paesi come Finlandia o Olanda. Soprattutto negli ultimi due decenni il verbo prog si è diffuso e annidato, provocando la nascita di molti gruppi molto validi come i Collage o questi Lizard. Come si intuisce dal nome la principale fonte di ispirazione sono i King Crimson, seppur il largo impiego di tastiere porta alla mente gruppi della corrente neo-prog, come i Marillion per esempio, e per transitività anche i Genesis. Quindi in fin dei conti non aggiungono niente di originale a quanto sentito fin'ora, non sono di certo dei rivoluzionari esploratori del suono, ma hanno il pregio di saper cogliere ogni lato migliore dei gruppi che li ispirano e fonderli insieme in uno stile quasi perfetto. Quindi la musica non è cervollotica come può essere quella del Re Cremisi ogni tanto, ma dal gruppo di Fripp è emulata la tendenza acida e lo stile chitarristico, cioè quella chitarra fondamentale nella costruzione del suono ma per nulla invadente, mentre dal neo-prog recuperano i sinfonismi, riprodotti soprattutto dalle tastiere, i momenti jazzati, quelle morbidezze insomma che rendono tutto più ascoltabile e piacevole. Il cantato invece rimane in lingua madre, e questo può sembrare strano perchè è una lingua che assomiglia all'italiano per i suoni che produce, ma ovviamente non c'entra un cazzo, sembra di sentire qualcuno che cerca di parlare in italiano senza riuscirci. Comunque, pur non capendo nulla di quello che il cantante dice, la voce è ben impostata ed intonata. I Lizard sono Damian Bydliñski alla voce, Andrzej Jancza alle tastiere, Mariusz Szulakowski (molto bravo) alla batteria, Janusz Tanistra al basso e Miroslaw Worek alla chitarra. Tutte le canzoni sono basate sugli intrecci fra la chitarra e le tastiere alla continua ricerca della melodia su composizioni abbastanza complicate nella costruzione, quindi da cambi di tempo frequenti e ritmi irregolari il gruppo cerca di estrarre motivi orecchiabili e melodie dolci, ed il risultato è ottimo, anche grazie alla perfetta esecuzione dei cinque musicisti. Non aggiungono sicuramente nessuna novità nel mondo del prog ma il disco è ricco di idee e suonato in maniera impeccabile. La prima traccia Per každý dzien wiecej ran w twej glowie comincia con un'apertura per tastiere pomposa e spacey, poi il suono si stabilisce su pianoforte e voce, e infine entrano chitarra acustica e basso a disegnare una melodia tendente al jazz con un ritornello fantastico. Galeria iluzji parte con una potente rullata di tamburi su cui si intersecano il basso e una chitarra infuocata, è più complicata della precedente nella costruzione e nei cambi di ritmo, ma la ricerca della melodia è costante; quasi tre minuti di musica intensa ed intricata. Autoportret conferma l'apertura per voce e piano, presto incalzati da batteria e basso, mentre i sintetizzatori arrivano solo alla fine per una traccia ancora una volta raffinata e ricercata. Strefa cienia è dominata da potenti linee di basso e una chitarra ora più decisa e graffiante, mentre le tastiere sono abbastanza in disparte: si tratta di un riuscito mix fra hard rock e psichedelia che trae grande ispirazione (secondo me) da quel capolavoro che è la canzone Red dei King Crimson. Ogrod przoznaczenia è una ballata d'atmosfera, dolce e malinconica, trascinata dai dolci arpeggi della chitarra acustica, dal flauto e dai sintetizzatori a creare una splendida melodia. La voce di Damian, enfatica e in grande spolvero, comunica un senso di vulnerabilità. L'ultima traccia è la suite W krainie szmaragdowego jaszczura che si apre con suoni inquietanti, presto incalzati dai tamburi e dal sintetizzatore, mentre voce e flauto entrano successivamente creando un'atmosfera folk interrotta da intermezzi di chitarra. Si conclude così un album ispirato e ben suonato, probabilmente l'album più rappresentativo del prog polacco.

lunedì 6 aprile 2009

Gordian Knot - Gordian Knot (1999)

I Gordian Knot sono un progetto del bassista e tastierista dei Cynic Sean Malone, musicista death metal con un gusto sopraffino e la passione per il prog. Dagli stessi Cynic chiama il batterista Sean Reinert, il chitarrista dei Watchtower Ron Jarzombek, un altro chitarrista americano chiamato Glenn Snelwar, il chitarrista dei King Crimson Trey Gunn ed infine John Myung dai Dream Theater per coadiuvarlo nelle parti di basso. Come si può notare dall'abbondante numero di chitarre, tutte le canzoni sono praticamente costruite su indovinatissimi intrecci delle sei corde, con le tastiere a dar man forte e il basso a dettare il ritmo come un metronomo ed a ritagliarsi qualche piccolo spazio solista. Ma le chitarre sono spesso anche acustiche, quindi il sound è una via di mezzo fra il jazz ed il metal. L'album è composto da dieci tracce interamente strumentali ed è godibilissimo, le atmosfere sono sempre belle cariche e provocano nell'ascoltatore un gran numero di emozioni, che vanno dalla calma alla tensione, dalla malinconia alla rabbia; i musicisti sono molto affiatati e il suono è sempre molto pulito, è possibile individuare ogni nota di ciascuno strumento sebbene gli intrecci siano ricercati e complicati. Lo stile varia da brani d'atmosfera calmi ed eterei che ricordano alcune composizioni dei King Crimson, a brani più aggressivi e tirati in stile prog metal. L'opener è Galois, introduzione d'atmosfera, cupa e tetra, condotta interamente dalla tastiera. Si prosegue con Code/Anticode, composta da un intreccio chitarre-tastiere, ricca di controtempi e cambi di ritmo e con una melodia non indifferente; canzone in continua evoluzione, i toni calano via via che il brano incalza per poi accendersi nuovamente, gli intrecci sono curatissimi e complessi ma nessun musicista fa sfoggio della sua classe, anzi ogni singola nota è al servizio della melodia. Reflections è più aggressiva all'inizio grazie ad una chitarra potente, sono presenti i soliti intrecci chitarre-tastiere ed una chitarra acustica dolcissima che disegna una calda melodia. Megrez è condotta dal basso con un inserto di chitarra, l'atmosfera è lenta ma tesa: breve canzone che mette in mostra tutta l'abilità e l'intesa della sezione ritmica in continua evoluzione. Singularity è condotta dalla chitarra, forse il brano più vicino al prog rock grazie agli intrecci tastiere-chitarra-batteria, riff serrati e grandi assoli. Redemption's way è la mia preferita: condotta dal basso e dalle percussioni presenta un motivo ipnotico e dolcissimo, canzone estremamente atipica e delicatissima. Komm susser tod, komm sel'ge è dominata dalla chitarra acustica, presenta un motivo lento ed etereo; traccia breve con una gran carica emotiva che induce a sentimenti tristi. Rivers dancing è la summa dell'album: condotta dalle chitarre con i soliti indovinati intrecci e tempi dispari, è una canzone aggressiva ed orientaleggiante, più vicina in alcune parti al metal, infatti ai soliti arpeggi celestiali si affiancano riffoni elettrici belli cattivi, affiancandosi al sound Cynic, seppur più orientato verso la fusion. Srikara tal è un'altra canzone d'atmosfera, ipnotica e con tendenze etniche. L'ultima traccia Grace è un altro gran bel pezzo: canzone leggera e molto dolce, colpisce il cuore dell'ascoltatore grazie ad un motivo commovente e molto triste. Ci sarà un seguito, cioè l'album Emergent, ma non risulterà all'altezza di quanto fatto sentire con questo splendido album.