sabato 26 settembre 2009

Affinity - Affinity (1970)

Gli Affinity nascono nel 1969 come blues band e dopo aver inciso qualche singolo rock/blues si avvicinano al prog pubblicando un album omonimo nel 1970, di cui la recensione. Tracce di blues sono comprensibilmente presenti, oltre a molto jazz e molta psichedelia. Il gruppo e' formato dal bassista Mo Foster, la cantante Linda Hoyle, che avra' anche una carriera solista, il chitarrista Mike Jupp, il tastierista Lynton Naiff ed il batterista Grant Serpell. Partecipa alla stesura dell'album anche il bassista/tastierista dei Led Zeppelin Jon Paul Jones, con il compito di campionare i fiati. Il sound del gruppo inglese e' caratterizzato dal torrido organo di Lynton, la chitarra graffiante di Mike e la voce soul, sporca e calda di Linda, in un'atmosfera molto sixties. Il disco si apre con I am so are you, canzone tendente al soul, con un bell'accompagnamento di fiati, tastiere e chitarra che duettano alla grande e la voce potente della Hoyle; si sentono i primi accenni psichedelici. Night Flight e' piu' sommessa e soffusa: l'atmosfera si fa piu' romantica e la chitarra arpeggia alla grande, l'organo ravviva il tutto lanciandosi in un grande assolo nella parte centrale e Linda continua a dare sfoggio della sua classe fino ad un finale che richiama il tema di apertura; traccia piu' blues e ancora con un'anima soul, passionale e stralunata. La terza traccia e' una cover degli Everly Brothers, che non ho idea di chi siano, e si tratta di I wonder if I care as much: qui e' la chitarra che domina il suono, oltre all'onnipresente voce, traccia malinconica ed emozionante. Mr Joy, a seguire, e' probabilmente la canzone piu' bella del disco con il suo rock psichedelico: melodia orecchiabile, organo che domina il sound e atmosfera cangiante; traccia molto calda con ancora una grande prestazione della Hoyle, protagonista di un acuto mozzafiato. Three Sisters e' invece un pezzo che poteva appartenere ai loro esordi, infatti e' infarcito di blues su una base rock'n'roll; i fiati fanno da padroni in una canzone trascinante, orecchiabilissima e, devo dire, molto bella. Le ultime due tracce sono ancora due cover, una dei Lovin Spoonful, cioe' Coconut Grove, e una di Bob Dylan, All along the Watchtower. La prima e' una via di mezzo fra jazz e beat, molto originale e molto riuscita. La seconda e' una sorta di classico delle cover, infatti e' stata rifatta da Jimi Hendrix, Canned Heat, Grateful Dead, XTC e ora dagli Affinity, ma nessuna delle versioni proposte dai gruppi sopra menzionati, forse neanche l'originale, raggiungono l'armonia, l'onirismo, la grinta, la passione di quella proposta dalla band inglese. 11 minuti e mezzo di psichedelia avvolgente, chitarra e organo che si incastrano, basso pulsante e batteria incalzante, voce sempre sublime. Mentre il gruppo stava scrivendo materiale per il secondo album la cantante decide di abbandonare per intraprendere una carriera solista, e questo causera' lo scioglimento della band. Gli Affinity sono stati un'altra meteora del prog inglese, durati meno di due anni e con un solo album effettivo all'attivo, ma vale davvero la pena riscoprire questo album.

domenica 13 settembre 2009

Nuova Era - Il passo del soldato (1995)

Il Passo del Soldato e' l'ultimo disco in studio dei Nuova Era, l'unico registrato senza chitarra dopo la partenza di Alex Camaiti, e con il nuovo cantante Claudio Guerrini. Come si intuisce dal titolo si tratta di un concept sulla guerra, la quale viene pero' descritta oggettivamente tramite le angoscie del soldato impegnato in battaglia, senza esprimere pareri, i quali sono piuttosto lasciati all'ascoltatore. In questo lavoro come al solito Walter Pini fa la parte del leone sbizzarrendosi con sovraincisioni e timbri vari, e' anche l'album che piu' ricorda un suono settantiano e la band di Keith Emerson, sempre principale ispiratore. La scelta del tema e' alquanto casuale, poiche' il lavoro e' nato da due pezzi composti da Walter nel '78, cioe' "Il passo del soldato" e "Armicrazia", composizioni molto cupe che portano alla mente le sofferenze e le atrocita' della guerra. Aggiungo che si tratta di alcune delle tracce piu' belle dell'album, composte quando il tastierista aveva appena 17 anni. Passando alla musica, lo strumento preferito da Walter e' l'organo (come Keith Emerson) e spesso si lascia andare a distorsioni ed effetti elettronici molto riusciti, basso e batteria sono sempre all'altezza e la voce di Claudio, limpida, emotiva e potente, ben si presta all'opera. Si tratta probabilmente dell'album meno dolce, meno sinfonico della band fiorentina: l'atomosfera e' spesso aggressiva e nervosa, la musica oscura, evocativa e spigolosa, le liriche drammatiche, come il tema richiede. Le parti orchestrali sono molto piu' presenti e molto piu' curate, vista l'assenza della chitarra, assenza che passa tranquillamente inosservata, le melodie sono sempre molto eleganti. L'album si compone di 9 tracce ma le piu' belle sono a parer mio: All'ombra di un conflitto, con la batteria che imita una marcia marziale e ricorda un po' The battle of epping forest dei Genesis, la voce e' in grande spolvero e la composizione eccellente; Lo spettro dell'agonia sul campo vede una sovrapposizione di organo e piano, melodia riuscitissima e perfetto equilibrio voce/strumenti; la title track e' la traccia piu' lunga e piu' bella, condotta da un pianoforte molto classico, presenta una melodia orecchiabile, passaggi sinfonici, voce teatrale e numerosi cambi di tempo; infine la conclusiva Epitaffio con una, ancora una volta, riuscita amalgama organo/voce, atmosfera malsana, armonie stupende e testi intrisi di rabbia e tristezza. Purtroppo al termine di questo lavoro il gruppo si scioglie per non riformarsi mai piu', e' la fine prematura di una delle piu' belle parabole del prog italiano di tutti i tempi, e la miglior band post seventies.