domenica 18 aprile 2010

Spooky Tooth - Spooky Two (1969)

Band appartenente all'underground inglese, gli Spooky Tooth non riescono mai a sfondare, e rimangono relegati nella scena alternativa per tutta la loro esistenza, persino oggi non sono molto conosciuti. Si formano nel 1967 dalla fusione di tre band, e nel 1969 si assestano con questa formazione: Mike Harrison a voce e piano, Luther Grosvenor a chitarra e voce, Greg Ridley a basso e voce, il quale abbandonera' alla fine delle registrazioni per andare negli Humble Pie, Mike Kellie alla batteria, il quale dopo il primo scioglimento del gruppo formera' i The Only Ones, punk band di discreta fama, e Gary Wright a voce ed organo. Ridley e' deceduto nel 2003. Si nota subito la presenza di due voci principali, e questa e' una caratteristica della band, il cui stile attinge molto dal soul e dal blues, a cui unisce elementi di psichedelia e hard rock. Le due voci si dividono le canzoni e risultano molto diverse fra loro (una baritonale e una in falsetto) ma non mancano gli episodi in cui cantano insieme. Ricordano un po' i Procol Harum per certi versi, grazie ad una certa orecchiabilita' dei motivi, anche se risultano piu' duri. Spooky Two e' il secondo album degli otto che la band pubblichera' e considerato il migliore da buona parte della critica. E' un album uniforme, senza canzoni che spiccano particolarmente sulle altre, scorre via liscio e piacevole. Il gruppo si scioglie l'anno successivo, per poi riformarsi nel 1972 e risciogliersi due anni dopo definitivamente. Il disco comincia con Waitin for the wind, che e' un classico rock blues trascinato dall'organo e dalla voce, con un'ottima linea di basso in evidenza. I riff di organo dettano il ritmo della canzone, subito maestosa la prova vocale. Si continua con Feelin bad che non cambia le carte: organo e voce ancora protagonisti, con la sezione ritmica in grande spolvero, e il ritornello indovinatissimo con la band che canta in coro. I've got enough heartaches completa il tiro iniziale prima di cambiare registro, infatti si tratta ancora di un blues vicino ai Procol Harum o Moody Blues, con un ritornello indovinatissimo a piu' voci. Con Evil woman, come detto, la band tenta una variazione e propone una traccia lunga 9 minuti, stavolta trascinata dalla chitarra prima di passare le redini all'organo; i due cantanti si alternano alla voce per poi cantare all'unisono, con la batteria grande protagonista della parte iniziale. Il ritmo si fa ripetitivo, insistente ed ipnotico nella parte centrale, salvo poi partire un grande solo di chitarra e ritornare sul motivo iniziale. Bellissima canzone. Lost in my dream continua con il tentativo di far sentire qualcosa di diverso e presenta un taglio decisamente piu' psichedelico sulla solita base blues, con la batteria martellante, i cori, la pesante linea di basso e una chitarra cangiante che ricordano certe atmosfere dei Jefferson Airplane. Canzone lunga e variegata, molto riuscita. That was only yesterday cambia nuovamente, passando ad un'atmosfera piu' calma, quasi folk, trascinata da una calda chitarra, dalla voce e dal piano. Traccia lenta ed accogliente. La parte finale del disco vira decisamente verso il rock piu' duro, anche se non si poteva ancora parlare di hard rock ai tempi. Infatti la traccia seguente, Better by you Better than me sara' ripresa dai Judas Priest che ne hanno fatto una cover tiratissima, e sara' protagonista di un curioso episodio giudiziario. Nel 1990 due ragazzini si tolsero la vita pare proprio ascoltando questa canzone e le famiglie decisero di portare il gruppo in tribunale per accusarlo di istigazione al suicidio. La band ha vinto la causa. Questa traccia, come detto, e' un rock'n'roll indurito con chitarra e basso protagonisti e un bell'intermezzo drammatico per organo e chitarra acustica. Hangman hang my shell on a tree rimane nei binari del rock piu' classico, stavolta rinunciando a sfumature piu' hard, ed e' dominata dalla chitarra acustica, ben accompagnata dalle percussioni e dalla voce. Il motivo iniziale e' riuscitissimo, in seguito rallenta decisamente e si lascia andare ad un solo di voce con leggeri arpeggi di chitarra, e poi ritorna sui propri passi riproponendo il bello spunto iniziale. L'album si chiude con Oh pretty woman (anche se esiste una versione con tre brani aggiunti che sono solo le single edit di alcuni brani), che non aggiunge niente di nuovo con il suo rock'n'roll classico trascinato da chitarra e voce. Un'altra meteora semisconosciuta dell'underground inglese, se ci fosse bisogno di ribadire l'incredibile prolificita' della scena britannica di fine '60 inizio '70.