martedì 6 luglio 2010

Scaramouche - Scaramouche (1981)

Un altro degli aspetti piu' interessanti del prog e' che esistono un'infinita' di band sconosciute ai piu', band con un solo album all'attivo e poi scomparse nel nulla, band i cui membri sono stati per un attimo illuminati dalla migliore delle ispirazioni per poi tornare ad una vita "normale". Molto spesso questi album meteora non sono all'altezza dei classici progressivi, ma sono lavori interessanti e a volte di una insolita bellezza. Gli Scaramouche rientrano in questa categoria. Chi ha mai sentito parlare di loro? Eppure il loro album omonimo e' un bel miscuglio di prog rock classico, AOR ottantiano, blues e funk in certi frangenti. Le canzoni sono relativamente brevi e ben scritte, la prolissita' non e' un loro difetto e gliene sono particolarmente grato, il cantante e' dotato di un'ottima voce e capacita' di esecuzione, le tastiere e la chitarra si contendono gli spazi solisti, basso e batteria svolgono alla perfezione il loro compito. Gli Scaramouche vengono dalla Germania e sono Johannes Hofmann alle tastiere, Martin Hofmann al basso, Tommy Weber alla chitarra, Robby Stein alla batteria e Holger Funk alla voce. L'album si apre con la traccia migliore del lotto: A Cloud in the Sky possiede una melodia indovinatissima, la chitarra e le testiere si intendono alla perfezione, il ritmo e' sostenuto ma non velocissimo. Only Tail the Bait e' invece piu' lenta e intimista, il piano conduce con la voce lasciando spazio alla chitarra con un ottimo solo prima della fine; l'intento della canzone e' chiaramente strappare le lacrime all'ascoltatore, intento che non sempre va a buon fine, ma apprezziamo il tentativo. Clown Leaves Berlin cambia registro, con un piano molto boogie e il cantante che segue il difficile rapido ritmo di una canzone allegra e contagiosa. Of Room and Open Doors e' un breve brano drammatico e maestoso, trascinato quasi unicamente dalla voce di Holger e vaghi accordi di piano, molto carino nel ritornello, salvo un solo di synth a chiudere in maniera piu' ariosa. Find Me e' introdotto da ottimi arpeggi di chitarra, si sviluppa poi trascinato dalla voce e intrecci chitarra-tastiera, il pezzo migliore dopo la prima traccia probabilmente. Crentcantoe vira sul jazz con una stupenda introduzione di organo e chitarra, mentre il basso non sta a guardare; il ritornello riporta l'atmosfera sul pop-prog, molto stile Asia o UK, ma tutta la canzone ruota intorno all'indovinato riff di apertura, fra assoli di chitarra e momenti piu' dilatati. Isn't It Real e' la mini-suite (9 minuti) a concludere degnamente il disco nelle intenzioni della band, peccato non sia una delle suite piu' riuscite. Presenta buoni cambi di tempo e di umore, come si conviene, l'organo e la chitarra sono spesso molto intonati, pero' manca una degna ispirazione, il livello generale della composizione non va oltre la sufficienza. Peccato. A parte il finale un po' debole, Scaramouche e' certamente un album da riscoprire.