mercoledì 7 dicembre 2011

Un'altra manovra e' possibile

di Alessandro Gilioli



Quindi, ricapitolando.
Solo i famosi 131 cacciabombardieri F35 (non c’è stata ancora la firma del contratto, quindi potremmo disdirli senza penali) fanno 16 miliardi.
La dismissione di una parte delle caserme rimaste semivuote dopo la fine della naia obbligatoria consentirebbe di incassare rapidamente almeno altri 4 miliardi.
La rinuncia all’acquisto di due sommergibili e due fregate (anche loro già a bilancio) farebbe risparmiare un altro mezzo miliardo (abbondante).
Un accordo con la Svizzera sui capitali esportati clandestinamente – sulla falsariga di quello fatto dalla Germania – permetterebbe di incassare almeno 5 miliardi di euro.
Poi ci sarebbe il Vaticano: lasciandogli intoccato il suo otto per mille, i contributi alle sue scuole e tutto il resto, basterebbe abolire le esenzioni Ici, Ires, Iva e Irap, più i contributi regionali e quelli comunali per portare a casa un altro miliardo e mezzo.
Quindi ci sono le frequenze: 5,5 miliardi di euro sono una stima molto prudente di quello che si incasserebbe se le si vendesse anziché regalarle alle aziende tv e di telecomunicazione.
Infine, un taglio ai costi della politica non avrebbe solo un alto valore simbolico: tra riduzione dei rimborsi elettorali ai partiti, degli stipendi e dei vitalizi degli eletti (il presidente della Provinca di Bolzano guadagna più di Obama), delle auto blu etc, un altro mezzo miliardo verrebbe fuori facilmente.
Fanno 33 miliardi. Cioè di più di quello che con cipiglio sofferente il governo Monti sta chiedendo ai lavoratori, ai pensionati, ai cittadini.
Certo: ci diranno che così è troppo semplice, che non si può, che è più complicato, che noi siamo solo dilettanti e dobbiamo lasciar fare a loro.
Ma non potranno mai dirci che un’altra manovra è impossibile.



Articolo Originale

domenica 4 dicembre 2011

Cressida - Asylum (1971)

All'ombra dei grandi del prog settantiano c'e' tutta una scena minore degna di estrema considerazione, un nugolo di band che non hanno avuto la fortuna del successo commerciale, a volte aleatorio, o della longevita', per tutta una serie di contrattempi piu' o meno casuali. I Comus, i Nektar, i Pavlov's Dog, i Quatermass, i T2, gli Spring, i Tonton Macoute e questi Cressida sono solo degli esempi di una irripetibile stagione. I Cressida nascono nel 1968 e si sciolgono nel 1971 ma fanno in tempo a dare alle stampe due album pregevoli, l'esordio omonimo e questo Asylum, entrambi incentrati sul suono dell'organo e una vena pop barocca molto interessante e a tratti paragonabile a gruppi maggiori come Genesis e Caravan. Il gruppo, che prende il nome da una commedia di Shakespeare, e' formato inizialmente da Angus Cullen a voce, chitarra e percussioni, John Heyworth alla chitarra, Peter Jennings alle tastiere, Kevin McCarthy al basso e Iain Clark a batteria e percussioni, e con questa formazione pubblica il primo album. In seguito Heyworth, deceduto l'anno scorso, sara' sostituito da John Culley per il secondo album, seppur quest'ultimo contenga ancora una traccia, l'ultima, scritta dal precedente chitarrista. Dopo lo scioglimeto della band Clark andra' negli Uriah Heep e Culley nei Black Widow. Il loro sound e' di chiara matrice canterburyana, quella piacevole commistione di pop e jazz, anche se spesso tende al rock sinfonico, soprattutto nel secondo album, con atmosfere sognanti, suoni sporchi e densi, sempre eleganti e mai eccessivi. Se il primo album e' gia' un piccolo gioiello, il secondo porta a maturazione quanto fatto e aggiunge pochi elementi che lo rendono di una bellezza disarmante, come gli arrangiamenti di fiati e violino, una maggior varieta' unita ad un mgliore dinamismo, e una tendenza all'elettricita' che nel primo album, piu' acustico, mancava un po', probabilmente dovuta al cambio di chitarrista. Le tracce sono otto ed e' difficile indicarne una migliore delle altre, a me piacciono particolarmente la prima, Asylum, e la settima, Summer Weekend of a Lifetime, molto prog nei cambi di atmosfere ora calde ora piu' tese, e con un organo scatenato. Munich e Let Them Come When They Will sono le due minisuite, sugli 8-9 minuti, molto riuscite ed articolate, spaziando fra jazz, pop e sinfonismi. Un'altra traccia meritevole di mensione e' Goodbye Post Office Tower Goddbye, con un groove orecchiabile ed un ritornello irresistibile. Nient'altro da aggiungere per un album che di certo non vado io a scoprire, essendo un disco culto fra i progster incalliti, quindi se non l'avete mai ascoltato colmate subito questa lacuna.

domenica 20 novembre 2011

Democrazia in Italia

Non c'e' niente da fare, la democrazia in Italia non funziona. Il popolo italiano non e' maturo abbastanza per vivere in un sistema democratico, un sistema che prevede che ciascun cittadino si senta responsabile della realta' in cui vive, dal punto di vista sociale e politico. L'italiano medio tende piuttosto a scaricare le colpe su qualcun altro e ad aspettare che sia qualcun altro a compiere il passo necessario. L'altissimo tasso di evasione fiscale ben rappresenta questa tendenza. L'assenteismo nei pubblici uffici anche. Un'altra caratteristica tutta italiana che male si sposa con il concetto di democrazia occidentale e' l'idolatria verso il potente di turno, del quale si perdona ogni errore, ogni malefatta, ogni azione e decisione. Non sto semplicemente parlando di come Berlusconi sia stato venerato per anni, sto parlando anche del papa, ritenuto infallibile dai piu', o del signorotto locale, figura ancora diffusissima in un certo sud. Diciamo che una monarchia di stampo cattolico sarebbe molto piu' adatta al nostro paese. Questa venerazione crea una distanza pericolosissima fra il cittadino e il governante, cosi' mentre il primo viene letteralmente trascinato via dal fango o muore in un cantiere, il secondo sta parlando di costruire un ponte chilometrico o di comprare delle Maserati con cui andare in giro. Il campanilismo, la rivalita' fra famiglie, la paura dello straniero, la sistematica corruzione, lo scarso rispetto delle regole, la criminalita' organizzata che agisce sotto gli occhi di tutti sono altri fattori che impediscono all'Italia di essere paragonabile agli altri paesi occidentali. Per la seconda volta in meno di un secolo il popolo italiano e' stato in grado non solo di sopportare, ma di esaltare e supportare un uomo carismatico e scellerato che ha portato il paese alla rovina e ha minato seriamente la stabilita' dell'Europa intera. E come accadde con il precedente dittatore, solo l'intervento straniero ha salvato la patria, perche' tanto l'italiano medio avrebbe continuato beatamente ad ingoiare merda e ad impoverirsi finanziariamente e culturalmente senza mostrare una minima reazione. Io vivo in una democrazia occidentale che, con tutti i suoi difetti, mostra tutte le storture e in certi frangenti annichilisce il paese da cui provengo. La differenza sostanziale e' che negli States il presidente ed il suo esecutivo sono continuamente sotto giudizio ed attacco della stampa, che qui e' libera, e dell'opinione pubblica. I fanatici del presidente non esistono. Esistono i fanatici di uno schieramento, di una ideologia, ma mai di una persona. Un'altra differenza e' che quando qualcosa non funziona, l'americano medio reagisce, protesta, manifesta, telefona o si reca a parlare con chi di dovere, e se puo' aggiusta quel problema da solo. Questo ovviamente tralasciando il senso civico a la responsabilita' delle persone, lontani anni luce dagli standard italiani, ma non vorrei far sembrare questo post un'esaltazione della societa' americana, perche' non c'e' niente da esaltare della societa' americana. Quando e' stato nominato Monti mi sono arrabbiato molto, perche' non e' stata una scelta democratica, non e' stato eletto dai cittadini, ma imposto dall'alto. Ma poi ho capito che e' stata la scelta migliore invece, perche' i cittadini si sono gia' dimostrati completamente incapaci di scegliere i propri rappresentanti con criterio. Se fosse invece stato scelto dalla maggioranza avremmo assistito all'ennesima farsa, all'ennesima marionetta messa li' e comandata da qualcun altro. Non so se questo governo tecnico sara' in grado di risollevare le sorti del paese, ma so che saranno tempi durissimi per tutti, visto che di certo non saranno le banche, il clero o i governanti a pagarne le spese. La cosa che piu' mi fa rabbia e paura pero' e' che la gente non si rende conto che ora hanno un governo di destra, visto che questa e' quella che dovrebbe essere la destra: un esecutivo che esprime e realizza dei principi liberali. Il governo Berlusconi non era un governo di destra, era una dittatura mediatica densa di propaganda nata e vissuta al solo scopo di favorire una persona e gettare le briciole ai suoi amici. Quello che temo succedera' e' che la gente dara' la colpa degli incredibili sacrifici a cui sara' costretta a Monti e al suo governo tecnico, identificandolo, chissa' come, con la sinistra. E sentiremo sospirare di come si stava bene quando c'era la destra al potere, che Berlusconi magari era un po' mattacchione ed esuberante, pero' sapeva governare. E ho cosi' tanta paura che sara' rieletto che non ci dormo la notte. Visto anche il persistente assenteismo di quella che chiamano sinistra. Un'ultima riflessione per concludere: si sta cercando di aggiustare un'economia corrotta e un sistema marcio, di mettere una pezza qui ed una pezza li' nella vana speranza che le cose comincino finalmente a girare per il verso giusto. Senza una rivoluzione che cambi il sistema radicalmente andra' solo e sempre peggio.

venerdì 18 novembre 2011

Cosa e' davvero cambiato

di Piergiorgio Odifreddi

Dunque, la speculazione internazionale ha riscosso ciò che si era prefissa. Nel giro di pochi giorni l’una dall’altra, la Grecia e l’Italia hanno affidato le loro sorti a Lucas Papademos e Mario Monti, due tecnocrati dell’economia che prenderanno le misure gradite alle banche e all’industria, incuranti di cosa ne pensino gli elettori. I quali, infatti, non solo non li hanno eletti, ma non sono stati nemmeno interpellati, e dovranno graziosamente piegarsi alla necessità di ciò che viene dichiarato “inevitabile”.
Certo non erano inevitabili i ministri che Monti si è scelto, dopo essersi consigliato anzitutto con Dio stesso, andando per prima cosa a messa. E poi, in ordine gerarchico, col presidente della Repubblica e i partiti. Che, ingenuamente, credevamo fossero ormai ridotti a tre o quattro, mentre invece risultano essere ancora un paio di dozzine, come ai vecchi tempi della prima Repubblica: evidentemente mai morta, nonostante i ripetuti requiem.
La sorpresa maggiore del nuovo governo è il ministero dello Sviluppo al banchiere Corrado Passera: una nomina tanto ironica, quanto quella di Mara Carfagna al ministero delle Pari Opportunità nel precedente governo. Naturalmente, nessuno sospetta passati rapporti orali del nuovo ministro col nuovo presidente del Consiglio. Ma bisogna comunque essere ineffabili per pensare che le banche possano trasformarsi da problemi della crisi mondiale in soluzioni, e che la speculazione possa costituire una buona scuola per saper pilotare lo sviluppo.
Altrettanto sorprendente, perché da Repubblica delle Banane, la nomina dell’ammiraglio Giampaolo di Paola (ex capo di Stato Maggiore e attuale presidente del Comitato Militare della Nato) a ministero della Difesa. Quanto a Lorenzo Ornaghi (rettore della Cattolica e vicedirettore dell’Avvenire), nuovo ministro della Cultura, a Renato Balduzzi (presidente del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale e direttore del bimestrale Coscienza), nuovo ministro per la Salute, e ad Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio ed esponente di Comunione e Liberazione), nuovo ministro per la Cooperazione, insieme al devoto premier e allo stesso Passera garantiranno che la Chiesa continuerà a presidiare il nuovo governo e a ricevere i soliti finanziamenti.
Ma se i sacrifici non li faranno le banche, gli speculatori e la Chiesa, a chi saranno riservati? La nomina di Elsa Fornero (esperta di riforme previdenziali) a ministro del Welfare lascia intuire da dove si comincerà. Dalle pensioni di anzianità:cioè, da coloro che hanno ormai pagato i contributi per sè, ma che saranno costretti a continuare a pagarli per gli altri. Naturalmente non si toglieranno le pensioni a coloro che non le hanno pagate, o almeno non interamente: dai coltivatori diretti, ai commercianti, ai liberi professionisti, che hanno fatto le fortune elettorali dei governi della Prima Repubblica, e mandato in rovina l’Inps.
In Grecia, di fronte a un esecutivo analogo a quello di Monti, i partiti di sinistra hanno avuto il buon senso politico e la correttezza ideologica di stare all’opposizione. In Italia, Veltroni e Bersani si sono dichiarati soddisfatti: contenti loro, contenti tutti. Soprattutto coloro che non li avevano votati, e che ora non debbono rodersi il fegato pentendosi di aver affidato le loro sorti a “sinistri” di tal fatta.
Ps. Aggiunta dell’ultima ora. Il cardinal Bertone ha dichiarato che il governo Monti è “una bella squadra, alla quale auguro buon lavoro”. Una conferma dall’alto, se non dall’Altissimo, delle mie preoccupazioni…
Articolo

giovedì 17 novembre 2011

Alberto Rigoni - Bassex

Il prog e' spesso considerato un genere serioso e a tratti noioso. Il che e' generalmente vero. Ma se si seguono le band giuste, il tedio e' sicuramente evitato.

martedì 8 novembre 2011

Nova - Atlantis (1976)

I Nova sono una band finlandese nata nel 1975 ad Helsinki e che arriva al debutto, questo Atlantis, nel 1976. Purtroppo i tempi per il prog non sono dei migliori e l'album non vende, condannando cosi' la band allo scioglimento. Ed e' un vero peccato perche' ascoltando quest'album meteora si sente davvero del potenziale. Lo stile e' un prog romantico-sinfonico, dai toni molto drammatici e malinconici, e un sound incentrato sulle tastiere con le chitarre che a tratti riescono a guadagnarsi il loro spazio. Il primo gruppo che mi viene in mente sono gli ELP, anche se la band di Emerson raramente risulta cosi' triste, ma le evoluzioni tastieristiche, la capacita' di cambiare ritmo e la varieta' dei timbri traggono di sicuro ispirazione dal gruppo del musicista inglese. L'album e' composto da quattro tracce di cui 3 lunghe, fra i 9 e i 15 minuti, ed una breve, di 3 minuti circa. Le tracce lunghe ricalcano tutte lo stesso stile, cioe' buoni intrecci di tastiere, chitarra e voce su un'ottima base ritmica, interrotti da ritornelli di evoluzioni per tastiere. Ma la band e' brava abbastanza da poter variare su questo tema e proporre motivi diversi e vari, magari non originalissimi, ma sempre orecchiabili, passionali e ricercati. Aggiungiamoci gli assoli di chitarra che spesso intercorrono, la voce (in finlandese) intonata ed inspirata, un basso spesso ben sopra la media ed otteniamo un album molto vicino al capolavoro. Aiutato anche dalla breve durata, come piace a me (la mia soglia di attenzione e' quella che e'). I componenti della band sono Antti Ortamo, tastierista, cantante e principale compositore, Micca Vasenius, chitarrista, Jouko Helatie, anch'egli chitarrista, Petri Peltola e' il bassista, Jukka Marjala alla batteria.
La prima traccia, Se Vuosi, e' la piu' lunga del lotto e la meglio riuscita. Comincia con una intro di piano, classicheggiante, ci fa capire subito di trovarci di fronte ad un album di prog sinfonico. Dopo pochi secondi comincia il canto, presto accompagnato dai restanti strumenti, anche se quello piu' chiaramente udibile e' ancora il piano. Toni che si mantengono vicini alla musica classica su una base di ottimo rock sinfonico. A questo punto parte cio' che sara' il cliche' di tutto l'album: il refrain di piano ad interrompere con intervalli regolari la trama fin ora sentita. E' un cliche' che funziona. Ma, come detto, il lavoro non si riduce a questo, e verso il quinto minuto parte anche la chitarra, finalmente piu' decisa. Atmosfera che si fa piu' drammatica con lo scorrere della canzone. Verso il decimo minuto le tastiere riprendono il controllo della situazione, ottimamente accompagnate dal basso, per uno strumentale che cerca di sollevarsi dall'atmosfera decadente precedentemente creata, per dirigersi piuttosto verso territori piu' movimentati ed allegri, che ricordano chiaramente qualcosa degli ELP. Ovviamente la traccia torna sui suoi passi prima della conclusione, per un finale melodrammatico e romantico. Kaupungin Naiset, la canzone seguente, e' un blues dichiarato, quindi chitarra, voce e basso in evidenza, con un ottimo organo di sottofondo. L'atmosfera straziante e romantica sentita nel brano precedente non ci abbandona, anzi e' amplificata dai suoni tipici del genere. Ora la chitarra e' principale protagonista e ci regala un altro meraviglioso assolo nella parte centrale. Atlantis presenta un'introduzione di tastiere con immediatamente la voce che incalza. Tinte ancora drammatiche, aria tesa, atmosfera triste. La chitarra stavolta si mette subito in evidenza performando un ottimo assolo. Traccia che ricalca lo schema della traccia iniziale, con voce piano e chitarra a creare degli ottimi intrecci su una buona base basso-batteria, il tutto inframezzato da un indovinato refrain per tastiere. In seguito evolve in un assolo di tastiere, tanto per cambiare, ma la qualita' e' sempre altissima e la noia non sopraggiunge mai. Stavolta si lambiscono lidi piu' psichedelici, quasi space, anche se la conclusione e' sempre affidata a rassicuranti colori sinfonico-romantici. Il brano conclusivo, Vanha Surullinen Laulu, sfoggia un incipit drammatico e decadente, il morale e' bassissimo, anche se il solito regolare ritornello tastieristico, a cui il gruppo ci ha ormai abituato, rende l'atmosfera piu' allegra, seppur per pochi secondi. Il contrasto cosi' creato e' molto piacevole. La parte centrale e' occupata da arpeggi di chitarra su un tappeto di organo, a trascinare l'ascoltatore ancora piu' in basso, salvo poi essere risollevato dall'organo stesso che ora si fa allegro e rapido, mentre la chitarra si lascia trascinare anch'essa dall'atmosfera danzereccia. Ma l'album non poteva finire senza prima essere tornato sul motivo principale, cioe' quell'aria triste che permea un po' tutto il disco. In conclusione, e' un album abbastanza schematico, che gioca sui chiaro scuri, ma cio' non vuol dire che sia noioso o banale, anzi, e' un disco che a me e' molto piaciuto nella sua omogeneita'. Un'altra perla perduta del progressive settantiano.

mercoledì 19 ottobre 2011

Mantra del sollevarsi

Di Franco Berardi


Il 15 febbraio del 2003 centomilioni di persone sfilarono nelle strade del mondo per chiedere la pace, per chiedere che la guerra contro l’Iraq non devastasse definitivamente la faccia del mondo. Il giorno dopo il presidente Bush disse che nulla gli importava di tutta quella gente (I don’t need a focus group) e la guerra cominciò. Con quali esiti sappiamo.
Dopo quella data il movimento si dissolse, perché era un movimento etico, il movimento delle persone per bene che nel mondo rifiutavano la violenza della globalizzazione capitalistica e la violenza della guerra.
Il 15 Ottobre in larga parte del mondo è sceso in piazza un movimento similmente ampio. Coloro che dirigono gli organismi che stanno affamando le popolazioni (come la BCE) sorridono nervosamente e dicono che sono d’accordo con chi è arrabbiato con la crisi purché lo dica educatamente. Hanno paura, perché sanno che questo movimento non smobiliterà, per la semplice ragione che la sollevazione non ha soltanto motivazioni etiche o ideologiche, ma si fonda sulla materialità di una condizione di precarietà, di sfruttamento, di immiserimento crescente. E di rabbia.
La rabbia talvolta alimenta l’intelligenza, talaltra si manifesta in forma psicopatica. Ma non serve a nulla far la predica agli arrabbiati, perché loro si arrabbiano di più. E non stanno comunque ad ascoltare le ragioni della ragionevolezza, dato che la violenza finanziaria produce anche rabbia psicopatica.
Il giorno prima della manifestazione del 16 in un’intervista pubblicata da un giornaletto che si chiama La Stampa io dichiaravo che a mio parere era opportuno che alla manifestazione di Roma non ci fossero scontri, per rendere possibile una continuità della dimostrazione in forma di acampada. Le cose sono andate diversamente, ma non penso affatto che la mobilitazione sia stata un fallimento solo perché non è andata come io auspicavo.
Un numero incalcolabile di persone hanno manifestato contro il capitalismo finanziario che tenta di scaricare la sua crisi sulla società. Fino a un mese fa la gente considerava la miseria e la devastazione prodotte dalle politiche del neoliberismo alla stregua di un fenomeno naturale: inevitabile come le piogge d’autunno. Nel breve volgere di qualche settimana il rifiuto del liberismo e del finazismo è dilagato nella consapevolezza di una parte decisiva della popolazione. Un numero crescente di persone manifesterà in mille maniere diverse la sua rabbia, talvolta in maniera autolesionista, dato che per molti il suicidio è meglio che l’umiliazione e la miseria.
Leggo che alcuni si lamentano perché gli arrabbiati hanno impedito al movimento di raggiungere piazza San Giovanni con i suoi carri colorati. Ma il movimento non è una rappresentazione teatrale in cui si deve seguire la sceneggiatura. La sceneggiatura cambia continuamente, e il movimento non è un prete né un giudice. Il movimento è un medico. Il medico non giudica la malattia, la cura.
Chi è disposto a scendere in strada solo se le cose sono ordinate e non c’è pericolo di marciare insieme a dei violenti, nei prossimi dieci anni farà meglio a restarsene a casa. Ma non speri di stare meglio, rimanendo a casa, perché lo verranno a prendere. Non i poliziotti né i fascisti. Ma la miseria, la disoccupazione e la depressione. E magari anche gli ufficiali giudiziari.
Dunque è meglio prepararsi all’imprevedibile. E’ meglio sapere che la violenza infinita del capitalismo finanziario nella sua fase agonica produce psicopatia, e anche razzismo, fascismo, autolesionismo e suicidio. Non vi piace lo spettacolo? Peccato, perché non si può cambiare canale.
Il presidente della Repubblica dice che è inammissibile che qualcuno spacchi le vetrine delle banche e bruci una camionetta lanciata a tutta velocità in un carosello assassino. Ma il presidente della Repubblica giudica ammissibile che sia Ministro un uomo che i giudici vogliono processare per mafia, tanto è vero che gli firma la nomina, sia pure con aria imbronciata. Il Presidente della Repubblica giudica ammissibile che un Parlamento comprato coi soldi di un mascalzone continui a legiferare sulla pelle della società italiana tanto è vero che non scioglie le Camere della corruzione. Il Presidente della Repubblica giudica ammissibile che passino leggi che distruggono la contrattazione collettiva, tanto è vero che le firma. Di conseguenza a me non importa nulla di ciò che il Presidente giudica inammissibile.
Io vado tra i violenti e gli psicopatici per la semplice ragione che là è più acuta la malattia di cui soffriamo tutti. Vado tra loro e gli chiedo, senza tante storie: voi pensate che bruciando le banche si abbatterà la dittatura della finanza? La dittatura della finanza non sta nelle banche ma nel ciberspazio, negli algoritmi e nei software.
La dittatura della finanza sta nella mente di tutti coloro che non sanno immaginare una forma di vita libera dal consumismo e dalla televisione.
Vado fra coloro cui la rabbia toglie ragionevolezza, e gli dico: credete che il movimento possa vincere la sua battaglia entrando nella trappola della violenza? Ci sono armate professionali pronte ad uccidere, e la gara della violenza la vinceranno i professionisti della guerra.
Ma mentre dico queste parole so benissimo che non avranno un effetto superiore a quello che produce ogni predica ai passeri.
Lo so, ma le dico lo stesso. Le dico e le ripeto, perché so che nei prossimi anni vedremo ben altro che un paio di banche spaccate e camionette bruciate. La violenza è destinata a dilagare dovunque. E ci sarà anche la violenza senza capo né coda di chi perde il lavoro, di chi non può mandare a scuola i propri figli, e anche la violenza di chi non ha più niente da mangiare.
Perché dovrebbero starmi ad ascoltare, coloro che odiano un sistema così odioso che è soprattutto odioso non abbatterlo subito?
Il mio dovere non è isolare i violenti, il mio dovere di intellettuale, di attivista e di proletario della conoscenza è quello di trovare una via d’uscita. Ma per cercare la via d’uscita occorre essere laddove la sofferenza è massima, laddove massima è la violenza subita, tanto da manifestarsi come rifiuto di ascoltare, come psicopatia e come autolesionismo. Occorre accompagnare la follia nei suoi corridoi suicidari mantenendo lo spirito limpido e la visione chiara del fatto che qui non c’è nessun colpevole se non il sistema della rapina sistematica.
Il nostro dovere è inventare una forma più efficace della violenza, e inventarla subito, prima del prossimo G20 quando a Nizza si riuniranno gli affamatori. In quella occasione non dovremo inseguirli, non dovremo andare a Nizza a esprimere per l’ennesima volta la nostra rabbia impotente. Andremo in mille posti d’Europa, nelle stazioni, nelle piazze nelle scuole nei grandi magazzini e nelle banche e là attiveremo dei megafoni umani. Una ragazza o un vecchio pensionato urleranno le ragioni dell’umanità defraudata, e cento intorno ripeteranno le sue parole, così che altri le ripeteranno in un mantra collettivo, in un’onda di consapevolezza e di solidarietà che a cerchi concentrici isolerà gli affamatori e toglierà loro il potere sulle nostre vite.
Un mantra di milioni di persone fa crollare le mura di Gerico assai più efficacemente che un piccone o una molotov.



Mantra del sollevarsi

lunedì 10 ottobre 2011

Apple: liberta' ed anticonformismo?

La rete che gronda lacrime e costernazione, Facebook che si ingolfa di post che piangono la morte del Salvatore e ripropongono - anche con un eccesso di retorica - il celebre discorso di Stanford e le citazioni che gia' da tempo circolavano su internet come il mantra della nuova era digitale, il vangelo di un grande innovatore, ma anche di un gran furbacchione. Innanzitutto quel "Stay Hungry, stay foolish" non e' farina del suo sacco, ma una citazione del Whole Earth Catalog, un manuale di controcultura uscito nei primi anni '70 con l'obiettivo di spiegare cosa val la pena davvero comprare e cosa no. Secondo, Steve Jobs non era un programmatore, non ha mai inventato nulla, ha "solo" avuto la capacita' di vedere il vero valore commerciale degli oggetti, o se vogliamo, spacciare degli oggetti gia' in uso come oggetti di culto. E' stato questo il suo grande merito e bisogna dargliene atto, ha saputo vedere oltre i semplici oggetti intuendone il potenziale commerciale, ma ha anche avuto molta fortuna.
Un altro trucco praticato da Steve nel quale tutto il mondo e' cascato e' stato usare la cultura ribelle ed anticonformista degli anni '60 per proporre un pensiero egualmente ribelle ed anticonformista, ma solo in apparenza, quel "Think different". Steve ha creato schiere di fanatici facendo diventare business e profitto il pensiero libero e lisergico dal quale proveniva. Ha confezionato prodotti, marchi e uno stile che hanno fatto di lui l'Armani della tecnologia, uno stilista dell'innovazione e dell'eleganza, utilizzando la filosofia libertaria sessantottina con l'intento di incastrare tutti noi consumatori nell'uso esclusivo dei suoi prodotti.
Ci ha voluto tutti allineati e omologati all'uso dei suoi prodotti, belli ma chiusi, funzionali ma esclusivi, comodi ma impermeabili ad altri software e ad altre tecnologie, ma soprattutto sempre carissimi. Ci ha fatto pagare per toglierci liberta' che in molti casi sono totalmente gratuite.
Ha predicato l'anticonformismo e il pensiero laterale ma ha finito per creare in legioni di seguaci invasati il conformismo dell'anticonformismo, una trasgressione di massa in cui si e' fuori dagli schemi, ma in compagnia di miliardi di persone.
La liberta' non e' la Apple, che con una mano ci vende il sogno di una vita tecnologica leggera e facile, seducente e trendy, ma con l'altra ci obbliga ad usare prodotti che comunicano e funzionano solo tra di loro e accessori costosi e non sostituibili con qualcosa di analogo che non abbia una mela stampata da qualche parte.
La vera liberta' e' l'Open Source, quei prodotti scaricabili gratuitamente e customizzabili dagli utenti in grado di farlo o lasciati a se stanti da chi e' un po' meno esperto, aspettando la prossima versione, rilasciata dagli utenti stessi, che correggera' i difetti, ovviamente gratuitamente. Non mi stanchero' mai di tessere le lodi di Linux, un sistema operativo ormai alla portata di tutti, completamente controllabile dall'utente e in grado di essere compatibile con molti prodotti della Microsoft e alcuni della Apple. Un Sistema Operativo che si sara' impallato un paio di volte in anni di utilizzo, veloce, leggero, completamente modificabile, con una sterminata documentazione on-line e soprattutto GRATIS. Se proprio non si puo' rinunciare a Windows o Mac-OS, vuoi per i giochi che ancora non sono ben emulati, vuoi per motivi di lavoro, ci sono sempre le macchine virtuali. Io stesso uso una macchina virtuale con su Windows XP per lavorare e nonostante tutti gli ambienti di sviluppo in contemporanea esecuzione, le connessioni parallele ai vari server, GUIs e linee di comando, funziona benissimo poggiandosi sul kernel Linux, non si impalla mai e va una scheggia.
Questa e' la vera liberta'. Steve Jobs sara' stato un genio nel suo campo, ma non era altro che un abile venditore che ha infinocchiato mezzo mondo.

martedì 27 settembre 2011

"Mandiamoli a casa": i luoghi comuni - Razzismo e pregiudizi: istruzioni per l’uso.


Completamente deluso dall'atteggiamento del popolo italiano, che continua ad ignorare il fatto di trovarsi da piu' di 15 anni in un regime mediatico orchestrato da un sultano che sta facendo precipitare l'Italia in un baratro dal quale sara' difficilissimo uscirne, ripongo le mie speranze negli immigrati. Costoro non hanno la zavorra della mentalita' tipicamente italiana, quella mentalita' tendente al mafioso, che ci porta a violare sistematicamente le regole quando si presenta l'occasione, ad imbrogliare il prossimo per il proprio tornaconto, a concepire la realta' come una serie di scambi di favori, a non mostrare la benche' minima serieta' e responsabilita' circa questioni cruciali come il lavoro, il senso civico e sociale, il banale rispetto per il prossimo. Per questa serie di motivi il nostro paese si sta mostrando come uno dei piu' restii per quanto riguarda l'accoglienza dei "diversi" e l'accettazione del fatto che la societa' sta inesorabilmente evolvendo verso la multietnicita' e multiculturalita'. Non secondario il fatto che anch'io sono un immigrato e ho vissuto sulla mia pelle le enormi difficolta' che questa condizione comporta, anche se la mia esperienza e' stata sicuramente molto differente. Diamo quindi uno sguardo approfondito ai principali luoghi comuni dei quali i nostri concittadini sono affetti, cercando di sfatarli uno per uno.

"Gli stranieri sono il 23%!"
E' la percezione della presenza degli stranieri in Italia: gli italiani hanno la percezione che gli immigrati siano il 23% della popolazione residente, ovvero pensano che gli stranieri presenti siano quasi quattro volte quelli che risiedono realmente in Italia (il rapporto piu' alto di tutto l’Occidente). In realta' le cose stanno diversamente.
Fonte: Transatlantic Trends Immigration 2009
Quanti sono gli immigrati regolari e irregolari
Per tentare di comprendere il fenomeno migratorio senza pregiudizi e condizionamenti e' indispensabile osservare i numeri della presenza straniera in Italia. 4,4 milioni di stranieri regolari e 420mila irregolari. Al 1° gennaio 2009 gli immigrati presenti in Italia erano oltre 4,8 milioni (circa mezzo milione in piu' rispetto al 2008) di cui i regolari sono 4,4 milioni.La comunita' piu' numerosa e' quella romena con 968mila presenze (21% del totale), seguita dall’albanese e dalla marocchina (538mila e 497mila). Rispetto al 2008, gli immigrati irregolari diminuiscono sensibilmente, secondo le stime (un calo superiore al 30%). Rispetto al 2008 e nonostante la crisi economica, si registra un aumento dell’occupazione straniera nel corso dell’anno di 222mila unita', a fronte di un calo dell’’occupazione italiana di 426mila unita'. Parallelamente all’occupazione pero', si registra anche un incremento della disoccupazione tra gli immigrati di 200 mila unita'. Rispetto alla popolazione italiana, la presenza degli immigrati si situa tra il 5,8% dell’inizio 2008, al 6,5% del 2009, al 7,3% (stima) del 2010.
Fonti: analisi Ismu e dati Istat
Da dove vengono?
La provenienza della popolazione straniera e' differente. Questo e' un dato che ci differenzia dai paesi europei di piu' antica immigrazione e con un passato coloniale, dove la prevalenza di “minoranze etniche” (come vengono definite nel mondo anglosassone) provenienti dalle ex-colonie e' molto forte e radicata territorialmente in alcune aree geografiche o, all’interno delle stesse citta', in quartieri periferici specifici e connotati etnicamente.In Italia la pluralita' delle provenienze nazionali e l’insediamento diffuso sul territorio (anche se con alcune “punte” nel Centro Nord) favorisce i processi d’integrazione e di mix sociale.
La provenienza degli stranieri in Italia:
Rumeni - 968.000 - 21%
Albanesi - 538.000 - 11,7%
Marocchini – 497.000 - 10,8%
Cinesi - 215.000 - 4,7%
Ucraini - 200.000 - 4,3%
Filippini - 145.000 - 3,1%
Dopo l’ingresso della Romania nella UE, i rumeni sono divenuti la prima etnia presente. Questo dato non e' frutto di una speciale propensione dei rumeni a trasferirsi nel nostro paese, bensi' dell’ingresso nell’Unione europea della Romania dal 1 gennaio del 2007: come qualsiasi cittadino dell’Unione, essi godono della liberta' di circolazione nei 27 paesi aderenti all’Unione Europea. Inoltre molti cittadini di origine rumena registrati statisticamente dal 2007, sono semplicemente ‘emersi’ da una condizione di clandestinita' precedente. Il dato sulla presenza di stranieri in Italia va necessariamente considerato, prestando maggiore attenzione agli immigrati senza permesso di soggiorno (definizione piu' corretta di ‘clandestini’, termine impreciso e inteso in senso strumentale). Costoro sono la componente che piu' spesso entra nel dibattito politico e che desta maggiore allarme sociale nell’opinione pubblica.
Fonte: Ismu

"Tutti questi clandestini!"
Chi sono gli irregolari?
L’immigrazione irregolare ha varie origini, spesso sorprendenti: infatti, la maggior parte degli irregolari sono asiatici. In particolare, le stime della Fondazione Ismu del 2008 rilevano che la comunita' asiatica proveniente da Cina (10% di tutti gli irregolari), Bangladesh (9,9%), India (7%) e Pakistan (5%) raccoglie piu' di 207.000 individui irregolari complessivamente pari a quasi un terzo dei 651.000 totali. La nazionalita' dove si ritrova il maggior tasso di irregolarita' e' quella marocchina (17,1% di tutti gli irregolari, pari a 111.300 persone irregolari): la presenza irregolare di origine nordafricana e' pure molto forte, con un totale di circa 135.000 persone se ai marocchini si aggiungono gli Egiziani (3,7%). La provenienza dell’Est Europa tra Ucraina (6,3%) e Moldova (5,1) vede 72.500 irregolari.
Come si diventa clandestini?
Quasi tutti gli immigrati che giungono in Italia sono, all’inizio del loro percorso, "clandestini". Altri, lo diventano dopo essere stati regolari. La Caritas segnala che numerosi immigrati iniziano da regolari la loro storia migratoria e finiscono nell’irregolarita', per la complessita' e la contraddittorieta' di alcuni aspetti della normativa. Alcuni casi sono esemplificativi. Un lavoratore che ha un incidente sul lavoro lo denuncia all'INAIL, e' dichiarato inabile al lavoro dall'Asl e avrebbe diritto alla pensione di invalidita' Inps. Pero', essendo inabile al lavoro, non ha piu' un contratto di lavoro e non puo' rinnovare il permesso di soggiorno, quindi diventa irregolare. Ancora: un minore disabile (regolarmente registrato sul permesso di soggiorno dei suoi genitori) al compimento dei 18 anni in quanto inabile al lavoro non puo' avere un contratto di lavoro quindi non puo' avere il permesso di soggiorno. Non e' previsto nessun tipo di "affidamento in tutela" ai suoi genitori.

"E vengono tutti qui!"
Guardando ai dati del 2008 (gli ultimi che consentono una comparazione tra l’Italia e gli altri Paesi europei, gli immigrati rappresentano complessivamente circa il 6% della popolazione: tale dato e' in linea con la media UE a 27 che si attesta al 6,2%. Questo dato tuttavia tiene conto di Paesi, come quelli neocomunitari, dove la presenza straniera e' praticamente inesistente. Invece, se si compara il dato italiano con quello di paesi nostri competitor osserviamo che quello italiano e' tra i piu' bassi. Per cogliere il reale significato di questi dati e' necessario anche conoscere le legislazioni nazionali sull’acquisizione della cittadinanza. Mentre in Spagna vige una normativa simile alla nostra (principio dello jus sanguinis: la cittadinanza dipende dalla nascita da genitore cittadino italiano e da quello della residenza prolungata nel paese ospitante), in Francia vige sia il principio dello jus soli (chi nasce sul territorio ha la cittadinanza), sia quello dello jus sanguinis. In Gran Bretagna fino al 1983 la cittadinanza era largamente concessa anche ai cittadini delle numerosissime colonie. E' chiaro dunque che i dati britannici e francesi devono essere ricalibrati in aumento, se si vuole considerare il reale impatto sociale del fenomeno migratorio.
Percentuale di stranieri nei Paesi UE (2008)
EU27 - 6,2%
EU25 - 6,6%
EU15 - 8,9%
Irlanda - 12,6%
Spagna - 11,6%
Austria - 10,2%
Germania - 8,8%
Gran Bretagna - 6,6%
Italia - 5,8%
Francia - 5,7%
E' nato il bambino 60 milioni
Nel dicembre del 2008 la popolazione italiana ha raggiunto il traguardo di 60 milioni di individui sostanzialmente grazie all’apporto degli immigrati: la popolazione italiana cresce per il 92% grazie agli stranieri; il saldo naturale italiano (differenza fra nati e vivi) inoltre rimane prossimo al pareggio grazie alla popolazione straniera (saldo degli stranieri uguale a +60.379 contro quello degli italiani di -67.249). Sul totale dei nati in Italia l’11,4% ha genitori di origine non italiana. E' evidente dunque che gli stranieri sono una componente indispensabile a livello demografico per mantenere l’Italia un paese giovane. Contrastare il costante invecchiamento italiano e combattere le sue gravi conseguenze sociali in termini di spesa pensionistica ed assistenziale si rivelera' una sfida imprescindibile per l’Italia: in questi termini la presenza straniera si sta dimostrando essenziale.
Fonti: Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalita' – Ottobre 2009, Comunita' di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009, Rapporto Ismu 2009

"Non gli facciamo costruire le moschee, perche' al loro paese non ci fanno costruire le chiese"
Nei paesi islamici sono presenti molte chiese cattoliche. Molti politici invocano la reciprocita', un concetto del tutto erroneo, perche' induce a negare diritti a individui per il semplice fatto che provengono da Paesi dove questi diritti sono negati. Questo argomento e' spesso richiamato quando si parla di luoghi di culto. Nei paesi islamici i cristiani sono un numero molto esiguo, ma e' comunque loro garantito un luogo di culto. Ancora una volta i dati sono eloquenti: ad esempio in Marocco i cattolici sono circa 27 mila, pari a meno dello 0,1%, su una popolazione di 33.757.750 abitanti. Il Marocco ospita 3 cattedrali e 78 chiese. Il Marocco non e' l’unico esempio dove sia garantita ampia liberta' di culto. E' agevole accertare in tutti i paesi islamici la presenza di basiliche e cattedrali per le quali esistono statistiche piu' attendibili rispetto a quelle riferite alle chiese. Citando solo i principali paesi islamici, dove e' il caso di ricordare che spesso i cristiani costituiscono una piccolissima minoranza: si contano trentadue cattedrali in Indonesia, una cattedrale in Tunisia, sette cattedrali in Senegal, cinque cattedrali in Egitto, quattro cattedrali e due basiliche in Turchia, quattro cattedrali in Bosnia, una cattedrale negli Emirati Arabi Uniti, sette cattedrali in Pakistan, sei cattedrali in Bangladesh. L’unico paese in cui non vi e' la presenza di luoghi di culto cristiani e' l’Arabia Saudita il cui governo ha avviato una campagna contro le religioni diverse da quella islamica. Come tutti sanno, dall’Arabia Saudita provengono pochissimi immigrati. In ogni caso, negare luoghi di culto riconosciuti e' del tutto contrario alla nostra Costituzione (artt. 19 e 20). Secondo l’Ismu e' del tutto auspicabile che vi siano luoghi di culto riconosciuti anche sotto il profilo della sicurezza. Da ultimo, leggendo un’analisi del Comune di Monza (sindaco leghista), si puo' notare che su 24mila persone che si dichiarano musulmane in Brianza, solo 4mila sono osservanti.
La maggioranza degli stranieri e' cristiana
Ridurre il problema della liberta' di culto alla costruzione o meno di moschee non e' rappresentativo delle religioni professate realmente tra gli immigrati; infatti, tra gli stranieri i cristiani sono quasi il doppio dei musulmani.
Religioni tra gli stranieri
Musulmani - 1.200.000
Cattolici - 860.000
Altri cristiani - 1.100.000
Altre confessioni (induisti, buddisti, sikh) - 200.000
Atei - 230.000
Non dichiarati - 80.000
Non ci sara' nei prossimi anni un’esplosione di fedeli musulmani
In termini di crescita l'aumento dei musulmani, tra il 2009 e il 2030, sara' nell'ordine del 139% e risultera' simile a quello dei cattolici (+137%), sia a quello dell'insieme degli aderenti alle altre religioni minori (+130%).

Fonte: Rapporto Ismu 2009

"Vengono qua e ci rubano il posto, lavorando in nero"
Gli immigrati hanno lavori regolari La quasi totalita' di immigrati adulti con permesso di soggiorno presenti in Italia sono iscritti all’Inps: cio' significa che questi lavori contribuiscono al sistema statale italiano senza alimentare il  fenomeno del lavoro nero. I dati che si riferiscono all’anno 2007 sono abbastanza eloquenti: gli assicurati stranieri sono 2.173.545, pari al 92% di tutta la popolazione straniera regolare censita. E' evidente che il lavoro nero sara' invece l’unica opzione per gli immigrati senza permesso di soggiorno, in quanto la legge impedisce loro di essere assunti in modo regolare, non avendo i documenti in regola.
Gli immigrati fanno lavori che gli italiani non farebbero
Occupati totali (%) Occupati stranieri (%)
Dirigenti e imprenditori 4,69 1,25
Professioni intellettuali 10,79 1,58
Professioni tecniche 21,57 4,74
Impiegati 10,68 3,23
Vendite e servizi personali 15,67 16,92
Artigiani, operai 18,21 29,36
specializzati, agricoltori
Conduttori di impianti 8,38 12,84
Personale non qualificato 8,75 30,15
Forze armate 1,05 0,0
Totale 100,0 100,0
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2008.
Gli occupati stranieri svolgono lavori che si concentrano tra quelli manuali e poco specializzati, anche se non mancano quelli professionali e impiegatizi; il 72% e' personale non qualificato, conduttore di impianti, artigiano o operaio specializzato, mentre il rimanente svolge professioni intellettuali o tecniche ovvero e' dirigente, imprenditore, impiegato o dipendente nel settore del commercio e dei servizi. Tra gli italiani queste percentuali sono esattamente invertite con un 37% di lavoratori che svolgono mansioni manuali. A confermare il dato che gli immigrati svolgono lavori che non sarebbero occupati da italiani arrivano anche ricerche condotte dall’Inps. Gli studiosi statistici dell’Istituto confermano che il lavoro straniero ha quasi naturalmente colmato un vuoto provocato da fattori demografici. Infatti le classi d’eta' piu' presenti tra gli stranieri nel mondo del lavoro regolare sono quella dei 25/29 anni e quella 30/35. Le corrispondenti generazioni italiane sono quelle meno numerose in seguito al calo delle nascite e al basso tasso di natalita'. I dati dei vari Decreti Flussi confermano ancora la grande richiesta di lavoro da parte di imprenditori italiani. Le richieste di lavoro nominative nel 2006 sono state 500.000 e nel 2007 ha superato le 740.000. Per la gran parte, il 48,9%, queste domande si riferiscono a lavoro domestico o assistenziale alla persona; nel settore edilizia sono state il 17,7% e per altri settori produttivi, operai o agricoltori, il 33,4%. Le mansioni che svolgono i lavoratori assunti con questa modalita' sono nel 95% dei casi non specializzate.
Gli immigrati migliorano la possibilita' d’impiego degli italiani
L’incremento del numero di stranieri non si e' associato a un peggioramento delle opportunita' occupazionali degli italiani. In particolare il lavoro straniero permette alle donne italiane, che hanno tassi di occupazione bassissima rispetto alla media europea, di essere impiegate, in quanto gli immigrati svolgono mansioni di assistenza domestica e familiare che altrimenti sarebbero svolte dalle potenziali lavoratrici italiane. Dalle analisi Bankitalia l’esistenza di tale complementarieta' tra gli stranieri e le donne e' un dato specificamente italiano ed e' evidente: "per le donne la crescente presenza straniera attenuerebbe vincoli legati alla presenza di figli e all’assistenza familiare dei piu' anziani, permettendo di aumentare l’offerta di lavoro". Inoltre, l’effettuazione di mansioni tecniche da parte di individui stranieri permette alle imprese di espandersi e dunque di assumere personale che svolge mansioni dirigenziali: si afferma che il lavoro di stranieri impiegati con mansioni tecniche "puo' aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative". Infine, non bisogna sottovalutare il lavoro che imprenditori stranieri danno a lavoratori italiani: a fine 2008 si contavano circa 240mila cittadini stranieri titolari di impresa (il 7% del totale), in prevalenza a carattere artigiano, che garantiscono il lavoro anche ad alcuni dipendenti (attorno ai 200mila, secondo la stima riportata in ImmigratImprenditori della Fondazione Ethnoland). Il Dossier Caritas 2008 stima che questo settore, tenendo anche conto dei soci e delle persone coinvolte in altri ruoli, impieghi mezzo milione di persone.
Gli stranieri contribuiscono al PIL in modo significativo
Nel 2007 il contributo degli stranieri e' stato del 9,1% del PIL. Considerato che la loro presenza era pari al 5,8% della popolazione, il contributo al PIL di uno straniero e' mediamente piu' alto di quello di un italiano. Questo dato puo' essere solo in parte spiegato con una differenza anagrafica della popolazione straniera, in quanto gli italiani svolgono lavori piu' specializzati a piu' alta produttivita' e che dovrebbero contribuire maggiormente al prodotto economico italiano.
Fonti: Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalita' – Ottobre 2009, Rapporto Ismu 2009, Comunita' di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009, Laura Squillaci, Inps, il "tesoro" degli immigrati, Il Sole 24ore, 1.9.2008, Giuseppe Maddaluna e Francesco Papa, I giovani stranieri danno ossigeno ai conti del welfare, Il Sole 24ore, 1.9.2008, Dossier Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane nell’anno 2008

"Quelli che vengono sono i peggiori!"
L’Associazione Naga da anni aiuta immigrati senza permesso di soggiorno nella zona di Milano: nel 2008 ha considerato la condizione dei 4.400 immigrati che hanno chiesto assistenza. Gli immigrati al loro arrivo non conoscono la lingua e non si sanno orientare nel paese; una volta avuto il tempo di ambientarsi in Italia trovano facilmente occupazione: questo vale tanto per gli stranieri irregolari che regolari. A parita' di “voglia di lavorare” le occasioni di lavoro dovrebbero aumentare in relazione alla durata della loro permanenza. Ed e' proprio quello che succede sul campione “Naga”: le percentuali di occupati per coloro che risiedono in Italia da meno di un anno e' solo del 34%, ma dopo due anni arriva a circa il 65% fino ad arrivare al 76% dopo quattro anni. I dati Naga segnalano che la quota di immigrati irregolari che lavorano e' assolutamente uguale a quella della popolazione italiana. La media di occupati nella popolazione italiana tra i 15-65 anni e' del 58,7% che sale in Lombardia al 66,7%: il campione Naga registra un tasso del 60% ma bisogna comunque tenere conto che un quarto del campione e' in Italia da meno di un anno: al crescere della permanenza gli irregolari occupati arrivano a superare il dato riferito agli italiani.
Tassi di occupazione (15-64): popolazione italiana e dati Naga


Rapporto Naga 2008 In Italia da anni: Popolazione Italiana Istat 2007
Totale 0-1 1-2 2-3 3-4 4 o piu' Pop. it. Pop. lomb.
Tasso di occupazione (%) 61,6 33,8 65,1 73,9 76,1 70,4 58,7 66,7

Gli immigrati hanno studiato
Gli immigrati hanno spesso un titolo di studi superiore conseguito nel proprio Paese d’origine e sono comunque istruiti. La comunita' di Sant’Egidio segnala che su circa 32.000 studenti che hanno frequentato la scuola di lingua italiana evidenzia che l’86% ha studiato nel loro paese di origine oltre 11 anni e il 37% e' in possesso di un diploma di laurea.
 La stessa realta' e' evidenziata dal gia' richiamato rapporto Naga 2009 che riguarda solo immigrati senza documenti in regola: gli analfabeti sono il 4,2%, coloro che hanno un titolo di scuola media superiore sono il 42,8%, mentre i laureati sono il 10,2%. 
Gli immigrati hanno spesso un’istruzione uguale o superiore alla media agli italiani
Se consideriamo i dati della popolazione con cittadinanza italiana, le percentuali sono assolutamente paragonabili (se non addirittura peggiori). Interessante notare come un decimo degli irregolari considerati abbia una laurea contro il 12% della popolazione italiana.


Rapporto Naga, 2008 Popolazione italiana, Istat 2007
Totale 15-64 25-34 35-44 Totale 15-64 25-34 35-44
Analfabeta 4,0 3,3 4,6





Scuola elementare 11,0 9,9 11,6 12,7 3,6 5,9
Scuola media inferiore 31,7 30,6 30,1 36,5 28,9 39,1
Scuola superiore 43,1 44,2 41,9 38,8 48,7 41,0
Universita' 10,1 12,0 11,7 12,0 18,9 14,0

Non esiste un aumento del tasso di criminalita' legato all’immigrazione
I tassi di criminalita', cioe' il numero dei reati ascritti a stranieri sul totale della popolazione straniera, non e' molto dissimile da quello degli italiani: gli italiani fanno segnare secondo dati del Ministero dell’Interno lo 0,7%, mentre gli stranieri salgono al 3,8% (tra questi vengono conteggiati anche reati legati alla immigrazione clandestina (false dichiarazioni sull’identita', ecc). Se si considerano gli immigrati regolari il rapporto, infatti, scende all’1,4%. La tesi di una corrispondenza diretta tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi viene rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia anche sui dati di “lungo periodo”: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si e' quintuplicato, mentre la criminalita' ha mostrato una lieve flessione. Il rapporto della Banca d’Italia conclude: "in linea teorica non c'e' stato un aumento diretto della criminalita' in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)".
I clandestini non sono criminali per natura
Non vi e' un parallelismo tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi. Ad esempio, abbiamo visto che circa un terzo della popolazione straniera senza permesso di soggiorno ha provenienza asiatica; i dati del Ministero dell’Interno segnalano anche che gli arrestati e denunciati di queste etnie e' ridotta. Gli stessi dati del Viminale lo evidenziano che un’equivalenza fra criminalita' ed irregolarita' e' semplicistica e non rappresentativa del fenomeno criminale.

Fonti: Paolo Buonanno e Paolo Pinotti, Do immigrants cause crime? - Paris School of Economics Working Paper n. 2008-05, Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalita' – Ottobre 2009, Rapporto Naga 2009, Comunita' di Sant’Egidio Rapporto 2009 sull’immigrazione, Carlo Devillanova, Francesco Fasani e Tommaso Frattini, Lavorare a Milano. Da Clandestini, Lavoce.info, 28.12.2009, Caritas su dati Ministero dell’Interno e ISTAT (2005), Rapporto sulla criminalita' in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007

"Meno immigrati, meno criminali"
Si tratta della frase pronunciata da Berlusconi (un luogo comune diventato premier) il 28 gennaio 2010. La popolazione straniera, nella condizione di migrante, e' piu' esposta della popolazione residente alle attivita' criminali. Cio' e' un dato confermato in tutti i Paesi europei. Parlare, pero', di un’equazione tra immigrazione e aumento della criminalita' e' errato e fuorviante. Nonostante la percezione vada nella direzione opposta, infatti, non si puo' affermare che i flussi migratori hanno aumentato i pericoli per la popolazione italiana. E' senz’altro vero che da quando l’immigrazione e' divenuto un fenomeno allarmante, cioe' dal 2001 al 2005 (anno in cui vi sono rilevazioni di Istat e Ministero dell’Interno), le denunce a carico di stranieri sono leggermente aumentate passando da 513mila a 550mila ma bisogna considerare che la popolazione straniera regolare e' allo stesso tempo raddoppiata (da 1.334.889 a 2.670.514 persone
 regolarmente presenti) e che nel dato sulle denunce si tiene conto degli stranieri senza permesso di soggiorno. La quota di stranieri denunciati sul totale degli stranieri regolari in Italia si ferma al di sotto del 2%. La tesi della corrispondenza tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi e' rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si e' quintuplicato, mentre la criminalita' ha mostrato una lieve flessione. Anche per gli stranieri irregolari, a cui il premier sembrava soprattutto riferirsi, una comparazione tra criminalita' e clandestinita' e' difficile se si considera che il numero dei “clandestini” e' andato continuamente mutando negli anni a seguito delle regolarizzazioni. A tali cambiamenti, tuttavia, non ha mai corrisposto un aumento o una diminuzione dei crimini. Si puo' anche considerare che l’Istat riporta come le condanne a carico di stranieri siano rimaste praticamente stabili si va dal 26,6% del 2001 al 26% del 2006: naturalmente tra questi vengono conteggiati anche gli irregolari.
200120022003200420052006
Totale denunce2.163.8262.231.5352.458.8872.417.7162.579.1242.771.440
Denunce totali a carico di noti513.112453.533616.678571.476550.590n.d
Denunce a carico di stranieri89.390 (17,4%)102.545 (22,6%)116.392 (18,8%)116.920 (22,6%)130.458 (23,7%)n.d
Condanne a carico di stranieri26,6%17,2%21,4%26%21,9%26%
Stranieri irregolari presentin.d850.000n.dn.d541.000650.000

I reati che vengono commessi dagli stranieri puo' essere messo in qualche modo in connessione con la loro condizione di vita. Secondo quanto riporta il Ministero dell’Interno l’incidenza degli stranieri tra i denunciati varia molto a seconda dei reati. Si va da incidenze basse, come il 3% per le rapine in banca o il 6% per quelle negli uffici postali, al poco meno del 70% che caratterizza i borseggi, ovvero quelli che la classificazione riportata definisce “furti con destrezza”. Interessante e' infine notare che per gli atti di libidine (tra cui rientrano i reati sessuali) sono stati denunciati cittadini stranieri nella misura del 9%.
Fonti: Ministero dell’Interno Istat, Italia in cifre, anni 2007, 2008, 2009, Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalita' – Ottobre 2009, Rapporto sulla criminalita' in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007, Caritas su dati Ministero dell’Interno e ISTAT (2005)

"Infatti sono tutti in galera"
E il reato di immigrazione clandestina?
I detenuti stranieri costituiscono una buon parte del totale: sono il 37,4% con differenze importanti da zona a zona. Nel Nord l’incidenza e' particolarmente forte: si va dal 69,7% della Valle d’Aosta al 46,4% della Lombardia e in tutte le Regioni la percentuale si attesta sopra il 50%. Al Sud il dato e' meno drammatico ma comunque rilevante: spicca il Lazio con il 40,9% e seguono le altre con percentuali che si aggirano nella media del 20-25%, fino alla Campania con il 13,1%. E' senz’altro vero che la popolazione carceraria e' composta in maniera preponderante da stranieri soprattutto se in rapporto alla popolazione. E' anche vero che bisogna analizzare i reati per i quali sono perseguiti per comprendere la loro effettiva pericolosita' sociale. Moltissimi immigrati finiscono in carcere per infrazioni legate alla loro condizione di clandestinita': sul totale delle denunce a carico di stranieri, infatti, quasi il 30% delle denunce e' legato all’immigrazione clandestina. In particolare: trasgressione delle leggi in materia di immigrazione (14,7%), false dichiarazioni sull’identita' (4,2%), resistenza a pubblico ufficiale (3,8%), falsita' di privati in atti pubblici e atti falsi (3,4%). In questa rassegna non e' ricompresa la nuova fattispecie di immigrazione clandestina (il ‘reato’ introdotto dal governo Berlusconi) che potrebbe aumentare di molto le statistiche. Su un totale di circa 65mila detenuti, il 37%, e' composto da immigrati provenienti per lo piu' dal Nord Africa, dalla Romania e dall’Albania. Piu' precisamente sono circa 4.333 i detenuti stranieri provenienti da paesi comunitari e 19.666 quelli da paesi extracomunitari. Negli istituti penitenziari del Nord la percentuale di detenuti stranieri oscilla tra il 60 e il 70% e in alcune carceri si arriva all’83% (Padova). La motivazione dell’arresto degli stranieri e' spesso legata a piccoli reati, per i quali e' prevista una pena detentiva di breve durata, in alcuni casi inferiore a sette giorni, e alla mancata concessione di misure alternative alla pena detentiva, che – invece – sono usualmente concesse agli italiani. Agli stranieri, infatti, proprio in ragione del loro status sociale e del loro mancato radicamento all’interno di una comunita' territoriale, le forme alternative di esecuzione della pena previste dall’Ordinamento Penitenziario sono raramente applicate. Tuttavia, i dati forniti dallo stesso Ministero della Giustizia confermano che la mancata concessione delle misure alternative influisce negativamente sui comportamenti recidivanti dei condannati. In altri termini, sussiste un maggior numero di recidivi tra coloro che hanno dovuto scontare l’intera pena in carcere rispetto a quelli ai quali e' stata concessa una misura alternativa per i quali, pertanto, e' maggiormente facilitato il reinserimento nel tessuto sociale. Cio' vale per gli italiani e per gli stranieri.
Fonti: Osservatorio ItaliaRazzismo Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Rapporto Ismu 2009 Rapporto sulla criminalita' in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007 Transcrime

"Vengono qui e si fanno curare a nostre spese"
Per la verita' pagano le nostre pensioni
Il sistema previdenziale e' costruito su un sottile equilibrio tra lavoratori e pensionati: i primi pagano la pensione ai secondi, in attesa di andare in pensione. Quindi piu' pensionati ci sono, piu' lavoratori sono necessari perche' il sistema non collassi. I lavoratori immigrati hanno contribuito a tenere alto il rapporto tra lavoratori e pensionati con la loro partecipazione all’Inps. Lavoce.info ha sottolineato come l’istituto di previdenza sia in attivo sostanzialmente per i contributi stranieri: l’apporto degli immigrati appare il fattore piu' rilevante proprio perche' rappresenta il fatto nuovo e piu' significativo dell’ultimo  decennio in termini di crescita degli occupati e dei relativi contributi previdenziali, in grado di spiegare, quasi da solo, accanto all’aumento delle aliquote, il mutamento nei conti economici dell’Inps. La tabella riportata lo dimostra.
Anno20012002200320042005200620072008
Lavoratori stranieri Inps (in milioni)11.41.51.61.81.92.12.2
Bilancio Inps: Risultato di esercizio (in miliardi di euro) +1+3.1+0.4+5.2+2+1.2+6.9+6.9

I dati dell’Inps mostrano come i contributi degli immigrati nel 2008 siano circa il 4% del totale, pari a circa 6,5 miliardi; tali cifre sono incrementate nettamente negli ultimi anni con un aumento di 4 miliardi dall’inizio del decennio. Quindi, i contributi degli stranieri pagano il 4% delle nostre pensioni. Gli stranieri saranno pensionati solo fra molti anni, non “pesando” cosi' sul bilancio dell’Inps. Questo in quanto l’eta' media degli stranieri residenti e' 30,9 anni, mentre quella degli italiani e' di 43,5 anni. Inoltre, Lavoce.info sottolinea che gli immigrati stranieri realmente percettori di una prestazione Inps sono un numero esiguo, inferiore al 2%.
Gli immigrati pagano le tasse (e pochissimi le evadono)
L’Agenzia delle entrate ha reso noti i dati che si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2004, quando sono state presentate 2.259.000 dichiarazioni da parte di cittadini stranieri. L’81% degli stranieri regolari all’epoca aveva dichiarato di percepire redditi. Dal 2004 al 2008, l’apporto degli immigrati al gettito e' passato da 1,87 miliardi a 3,2 miliardi di euro.
Quanto ci abbiamo guadagnato dalle sanatorie
La regolarizzazione del settembre 2009 si e' chiusa con 294.744 domande di assunzione di lavoratori non comunitari come collaboratori familiari o badanti: l’operazione ha fruttato 154 milioni di euro in contributi arretrati e marche, mentre nel periodo 2010-2012 fara' entrare nelle casse dell’Inps 1,3 miliardi di euro supplementari.
Contribuiscono piu' di quanto percepiscano
E' evidente che per il sistema previdenziale gli immigrati sono piu' una risorsa che una zavorra. Il rapporto Caritas 2008 evidenzia che secondo i dati del 2005, per interventi diretti rivolti specificamente agli immigrati sono stati spesi dai comuni 136,7 milioni di euro, il 2,4% della loro spesa sociale, pari a 53,9 euro pro capite. Tenendo conto che gli immigrati sono anche beneficiari dei servizi rivolti alla generalita' della popolazione, le somme utilizzate a loro beneficio potrebbero salire al massimo a 1 miliardo di euro e dunque sarebbero abbondantemente coperte dalle entrate che essi garantiscono. Altri studi della Banca d’Italia, pur nella difficolta' di calcolare l’incidenza degli immigrati sulla spesa sociale, confermano che agli immigrati vada circa il 2,5% di tutte le spese di istruzione, pensione, sanita' e prestazioni di sostegno al reddito, al massimo la meta' di quello che assicurano in termini di gettito.
Fonti: Dossier Caritas 2008 e 2009, Rapporto Ismu 2009, Comunita' di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009, E l’immigrato aiuta le pensioni degli italiani, Andrea Stuppini, 01.12.2009, Lavoce.info

"Nelle graduatorie per la casa sono favoriti gli stranieri"
Gli immigrati non sono favoriti nei criteri
Per considerare l’incidenza degli stranieri sulle case popolari e' stata considerata la situazione del Comune di Torino dove esistono circa 18.000 alloggi pubblici. I criteri per assegnare le case popolari non favoriscono gli stranieri, anzi. Infatti i parametri di cui si tiene conto in prima battuta per stilare le graduatorie sono reddito (che pero' assegna un punteggio poco rilevante) e numero di componenti solo se superiore a 5 unita'. In seconda battuta si tiene conto dell’eta' e di eventuali disabilita' che abbia il soggetto. Gli immigrati sono tendenzialmente giovani, perfettamente abili e con nuclei familiari sotto le 5 unita'.
Prima gli italiani: gli immigrati non vincono nelle graduatorie
Negli ultimi anni a Torino i bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici sono stati nel 2004 e nel 2009. Le domande presentate da cittadini stranieri sono state una buona parte del totale (nel 2004 sono il 31% e nel 2009 salgono al 45%), tuttavia solo pochi sono effettivamente assegnatari di case popolari: rispetto al bando 2004 solo il 10% e' rappresentato da stranieri.
Fonte: Assessorato alle politiche per la casa, Comune di Torino
Il dato reale
Spesso si sete dire "gli stranieri rubano le case agli italiani", oppure che nella graduatoria per l'assegnazione delle case popolari "loro hanno sempre la precedenza"? I dati dell'assessorato alle Politiche della casa del Comune di Genova spazzano via i luoghi comuni. Meno del 5% degli alloggi a disposizione e' stato assegnato ad un "nuovo" genovese. Il riferimento e' all'ultimo bando pubblicato a fine 2007: dal primo gennaio 2009 al 15 dicembre passato, sono stati assegnati 115 alloggi ad altrettanti cittadini italiani. E' il 69,28%. Ai genovesi di origine straniera sono andati 9 alloggi in tutto, il 7,83%. Vanno anche considerate le 61 sistemazioni provvisorie: di queste solo 10 relative ad extracomunitari. Insomma, per 185 abitazioni messe a disposizione dal Comune ci sono 9 contratti stipulati da extracomunitari. Erano state presentate 3.182 domande, poco meno di un quarto da non italiani: di questi, 52 con cittadinanza europea, gli altri 702 provenienti da continenti diversi. A Bologna, le richieste di una casa al Comune da parte di stranieri nell ́ultima graduatoria (aggiornata ad agosto 2009) sono il 46% del totale, mentre nelle assegnazioni si fermano a quota 35% (77 alloggi contro i 142 assegnati a italiani). Sui 12.458 alloggi popolari attualmente assegnati dal Comune di Bologna, 1.122 sono occupati da stranieri (9,64%). Dato da confrontare con la percentuale dei residenti che arrivano dall'estero: a Bologna sono l’11,2%. Per quanto riguarda le graduatorie, facendo riferimento al Comune di Monza, graduatoria 2008 (terzo bando, 2° semestre), nelle prime 100 assegnazioni, sono 22 gli stranieri assegnatari.
Fonti: Repubblica Metropoli su dati Comune di Genova e di Bologna. Comune di Monza.
Gli immigrati comprano casa
Prato e' la provincia italiana con la piu' alta percentuale di acquisti di stranieri, sul totale mercato immobiliare (23%), seguita da Roma (16,5%), Torino (11,5%), Venezia (9,2%), Milano (7,8%) e Bologna (6%). Nel 2009 a comprare una casa sono stati soprattutto rumeni, cinesi e indiani. Prima della crisi, che ha visto un calo molto sensibile nelle transazioni, erano gli immigrati a contribuire decisamente all’attenuazione della flessione del mercato immobiliare italiano (circa 130mila nel 2006 e 2007, piu' di 100mila abitazioni acquistate nel 2008, 78mila nel 2009). Il dato dell’acquisto sul totale del mercato nel 2008 (prima della sensibile diminuzione di cui abbiamo parlato): Provincia di Milano 9%. Bergamo 13,6%. Brescia 14%. Como 14,9%, Padova 10,4%. Torino 18,4%. Treviso 13%. Varese 11%. I dati piu' significativi: Alessandria 32%. Cremona 24,6%. Vicenza 23,2%. Se e' vero, quindi, che hanno accesso al patrimonio di case popolari di cui l’Italia si e' dotata nel corso del secolo scorso, e' altresi' vero che contribuiscono a creare ricchezza per gli italiani che dispongono di un patrimonio abitativo.
Fonte: Scenari immobiliari

"Ci portano via le nostre donne"
Sono gli italiani che sposano le “loro” donne
Vediamo quanti stranieri sposano italiane, quanti italiani sposano straniere. Nel 2006 si sono celebrati 245.992 matrimoni, il 9,8% sono misti (24.020). La maggior parte, esattamente 19.029, riguarda un cittadino italiano che sposa una cittadina straniera. L’80% dei casi.
Fonte: Comunita' di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009.

"Meno male che c’e' la Lega"
Il fallimento delle “ronde di governo” e' sotto gli occhi di tutti. Prima del decreto Maroni c’erano 68 ronde (di cui 17 in Lombardia, 10 in Veneto, 5 in Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana), dopo il decreto solo 6 di queste hanno chiesto di essere ‘regolarizzate’ (2 a Roma, 1 a Milano, 1 a Treviso). Molta enfasi e poca sostanza: quasi nulla. L’attivita' della Lega, con l’indifferenza del Pdl, si e' distinta per la promulgazione di numerose ordinanze e delibere contro gli stranieri, a livello locale e regionale. Quasi tutte le norme regionali sono state impugnate e bocciate dalla Corte Costituzionale, a cominciare dalla legge contro i phone center in Lombardia, cosi' come alcune norme riguardanti il criterio di residenza per l’accesso ai servizi (casa e trasporti, ma anche bonus bebe'). In generale, numerose sentenze del Tar hanno invalidato ordinanze e delibere comunali discriminatorie. Nessuno conosce i risultati di simili iniziative, se non dal punto di vista della penalizzazione degli stranieri, spesso imprenditori o liberi professionisti, che in molti casi si trovano costretti a chiudere. Norme cattive, discriminatorie, strumentali, elettorali, poco concrete e nella stragrande maggioranza dei casi del tutto inutili, che creano tensioni e, anziche' risolvere i problemi, li rinnovano e li rilanciano.

"Ci vogliono classi per soli stranieri"
Gli alunni stranieri sono nati in Italia e parlano italiano
Gli alunni figli di genitori stranieri, nell’anno scolastico 2008/2009, sono saliti a 628.937 su un totale di 8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%. L’aumento annuale e' stato di 54.800 unita', pari a circa il 10%; l’incidenza piu' elevata si registra nelle scuole elementari (8,3%). Di questi studenti 1 ogni 6 e' rumeno, 1 ogni 7 albanese e 1 ogni 8 marocchino, ma si rileva di fatto una gran varieta' di nazionalita'. Gli alunni stranieri sono tali solo all’anagrafe, essendo in buona parte dei casi nati in Italia e vissuti per tutta la loro vita con coetanei italiani: per costoro evidentemente la lingua non e' un problema. Quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia, ma il rapporto sale a 7 su 10 (71,2%) tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia.
Le maestre non ricorrono a tetti o classi d’inserimento
Dal rapporto Ismu 2009 emerge che lo strumento al quale maestre e professoresse piu' ricorrono per l’integrazione dell’alunno straniero e' l’inserimento in classi a stretto contatto con i coetanei; viene trascurato il ricorso a tetti per classi o al raggruppamento degli studenti di uno stesso paese. Invece, si ricorre a strumenti specifici per l’accoglienza come protocolli, linee guida, commissioni d’accoglienza e test d’ingresso: queste azioni si svolgono all’interno del normale corso scolastico. Adozione di criteri specifici da parte degli insegnanti per l’inserimento nelle classi di alunni di origine immigrata per area territoriale. Valori percentuali:


Nord-ovest Nord-est Centro Sud e isole Totale
Si preferisce inserire l’alunno in classe con i coetanei 79,7 67,5 70,1 91,3 75,2
Si accolgono tutte le domande di iscrizione dell’anno 77,7 62,6 76,3 84,8 73,7
Rispetto delle linee guida per accoglienza e integrazione 72,3 82,1 50,6 47,8 67,4
E' stata istituita una specifica commissione d’accoglienza 48,0 65,1 48,5 13,0 49,3
E' stato predisposto un protocollo di accoglienza 48,6 64,2 33,0 15,2 45,8
Ci si avvale anche della collaborazione degli Enti locali 42,6 60,1 37,1 26,1 44,7
Sono previsti test di ingresso per definire la classe 40,5 43,9 33,0 34,8 39,1
La famiglia viene consultata nella scelta della classe 43,3 35,8 32,0 23,9 36,2
Ci si avvale anche della collaborazione del terzo settore 22,3 42,3 10,3 10,9 24,2
Si tende a raggruppare alunni di uno stesso paese 14,2 23,6 10,3 32,6 18,1
Stabilito un tetto massimo di alunni immigrati per classe 4,7 19,5 11,3 34,8 14,0
Gli ingressi di immigrati sono coordinati con altre scuole 8,8 12,2 17,5 8,7 11,8
Fonte: Censis 2008
Ci vorrebbe piu' integrazione e sostegno nel corso degli studi
Nel percorso scolastico, s’incontrano differenze tra gli studenti immigrati e quelli italiani a causa di problemi di ritardo, dispersione, insuccesso, specialmente nella scuola secondaria superiore. Gli studenti immigrati sono promossi in misura sostanzialmente uguale nella scuola elementare, dove i programmi d’inserimento sono piu' specifici e mirati (99,9% di studenti italiani contro il 96,4% di stranieri), mentre le differenze si accentuano nella scuola media e superiore, dove sono pressoche' assenti programmi d’integrazione (nella media 97,3% contro il 90,5% e nella superiore l’86,4% contro il 72%). Tra primaria e secondaria, lo stesso trend si riscontra nel ritardo negli studi degli studenti immigrati rispetto a quelli italiani: le difficolta' sono minime o molto basse nella scuola primaria e crescono con il passaggio alle scuole secondarie.
Alunni in ritardo (in valori percentuali), per livello scolastico. A.s. 2007/2008
Ordine e grado di istruzioneItalianiNon italiani
Primaria1,821,1
Secondaria di I grado6,851,7
Secondaria di II grado24,471,8
Totale11,642,5
Fonti: Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita' e della Ricerca, Dossier Caritas 2009, Rapporto Ismu 2009

"Gli vogliono dare il voto perche' votano tutti a sinistra"
Un’indagine Ismu-Orim della Regione Lombardia precisa che gli stranieri voterebbero in modo molto diverso. Alcuni, soprattutto i neocomunitari (Europa dell’Est), voterebbero a destra, con percentuali bulgare (e non e' una battuta). Si distinguono per il voto a favore di forze conservatrici soprattutto i rumeni (nel 64,2% dei casi voterebbero a destra). Cosi' anche i cinesi (53,3%). A sinistra guarda il ‘collegio’ Africa e le persone che provengono dall’America Latina. Lo stesso vale per le religioni, che indicano un voto verso sinistra di induisti, musulmani e sikh, mentre a destra guardano ortodossi, buddisti e copti. L’Italia e' al settimo posto in Europa per numero di concessioni della cittadinanza, proprio in conseguenza di un impianto normativo restrittivo (Caritas). Secondo un’indagine Ministero dell’Interno-Makno (2008), i cittadini italiani che si dichiarano favorevoli alla cittadinanza dopo 5 anni erano il 51,8% nel 2007. Nel 2008 erano diventati il 59%. A questi (favorevoli incondizionatamente) vanno aggiunti i favorevoli "purche' le verifiche siano effettive": 11,5% nel 2007, 13,1% nel 2008. In totale il 72,1% degli italiani si diceva favorevole gia' piu' di un anno fa alla concessione della cittadinanza dopo 5 anni.
Fonti: Ismu e Orim, Quindicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009, FrancoAngeli, Milano 2009, p. 165.

"Non si vogliono integrare"
Nella presentazione della proposta di legge Granata-Sarubbi, presentata il 30 luglio 2009, cosi' si legge: "Nel 2007, i nati di cittadinanza non italiana hanno superato quota 64.000, corrispondenti a circa l’11,4 per cento del totale, con un incremento di quasi il 90 per cento rispetto alla situazione di soli sei anni fa. Importanti sono anche le cifre riguardanti il mondo del lavoro (stranieri sono poco meno del 10 per cento degli occupati), l’incidenza sul lavoro autonomo (165.000 nel 2007 sono stati i titolari di impresa; 52.000 i soci e 86.000 le altre figure societarie) e di chi acquista casa (120.000 i mutui accesi dagli stranieri). Tutti dati che dimostrano come la popolazione straniera tenda a scegliere l’Italia come Paese di adozione. Notiamo la differenza macroscopica tra questi Paesi: nel 2005, 19.266 stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana; nello stesso periodo erano 154.827 in Francia, 117.241 in Germania e 48.860 in Spagna. Utile e' anche l’analisi delle cittadinanze concesse in Italia negli ultimi anni: un aumento importante (dalle 10.645 nel 2002 alle 35.766 del 2006) ma che non raggiunge mai il livello degli altri grandi Paesi europei di immigrazione. La proposta di legge poggia su due capisaldi: da un lato mira a fare si' che il minore nato in Italia da un nucleo familiare stabile acquisisca i pari diritti dei coetanei con i quali affronta il percorso di crescita e il ciclo scolastico; in tal modo si evita il crearsi di una "terra di mezzo", dove i bambini nati da genitori non italiani crescano con un senso di estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il futuro processo di integrazione e di inserimento sociali del minore. Questo si ottiene passando dall’attuale principio dello "jus sanguinis" al principio dello "jus soli", temperato e condizionato dalla stabilita' del nucleo familiare in Italia o dalla partecipazione del minore a un ciclo scolastico-formativo. L’altro caposaldo della presente proposta di legge prevede una svolta paradigmatica nella concezione del meccanismo di attribuzione della cittadinanza in Italia, passando da un’ottica "concessoria e quantitativa" a un’ottica "attiva e qualitativa". La cittadinanza deve diventare per lo straniero adulto un processo certo, ricercato e formativo; il punto di arrivo di un percorso di integrazione sociale, civile e culturale e il punto di partenza per il suo continuo approfondimento.

"Fermiamo gli sbarchi!"
Qualcuno le chiama "carrette del mare", altri, piu' volgarmente, i "barconi" (ricordate il famoso slogan di Prosperini, assessore della giunta Formigoni: "Ciapa su ‘l camel, la barcheta e te turnet a ca"). Eppure solo una piccola parte di immigrati arriva in Italia via mare: questa modalita' costituisce un canale di ingresso marginale sotto il profilo della dimensione e contribuisce in misura comparativamente modesta e decrescente allo stock di immigrati irregolari presenti in Italia. Dal 1998 al 2007, gli stranieri sbarcati sulle nostre coste variano da 13.000 a 50.000 a seconda dell’anno. Rispetto ai principali indicatori, i clandestini sbarcati dalle "carrette del mare" non abbiano mai superato il 15% del totale e spesso siano stati inferiori al 10%. La ragione della popolarita' di questa immagine risiede nella maggiore visibilita' di tale modalita' di ingresso regolare. Pochi entrano eludendo i controlli di frontiera. La maggior parte degli immigrati viene in Italia con visto turistico, attraverso un transito regolare dalle frontiere (in particolare orientali), molti, tra l’altro, sono neocomunitari. E' questa, e non quella dei clandestini, la componente piu' cospicua della presenza straniera irregolare.
Fonte: Ministero dell’Interno, Rapporto criminalita' 2007.

"Come fanno ad accettare di lavorare per pochi euro?"
A Rosarno gli immigrati che lavoravano nella raccolta degli agrumi percepivano 20 euro al giorno, di cui 5 da restituire al caporale. La giornata di lavoro e' di quattordici ore. La paga oraria, quindi, di un euro o poco piu'. In alcuni Paesi del mondo, da cui questi individui provengono, la paga giornaliera, per chi ha un lavoro, e' di 2 dollari al giorno. Il cambio fatelo voi. E, almeno in questo caso, datevi anche la risposta. I dati presentati da Tito Boeri per la Fondazione Rodolfo Debenedetti (gennaio 2009) offrono alcuni indicatori di sicuro interesse. Il 40% di chi non ha il permesso di soggiorno guadagna meno di 5 euro l'ora, mentre tra i regolari la percentuale scende al 10%. In queste condizioni, gli immigrati irregolari continuano a venire in Italia perche' trovano facilmente lavoro, anche senza permesso di soggiorno. Le morti bianche aumentano tra gli stranieri (+8%) e calano tra gli italiani. Gli infortuni: 3,9% tra gli italiani, 4,4% tra gli stranieri. Secondo il dossier Caritas/Migrantes, gli infortuni occorsi agli stranieri sono il 16,4% del totale (ricordiamo che gli stranieri costituiscono il 7% della forza lavoro). Dei regolari, lavora l'88,2%, degli stranieri in attesa di permesso di soggiorno l'81,6%, degli irregolari tout court il 65,8%. I cosiddetti 'clandestini', quindi, lavorano in quasi 4 casi su 5 e non sono 'criminali', ma lavoratori in nero.

"Aiutiamoli a casa loro"
Ecco cosa dice Bill Gates a proposito del protagonismo dell'Italia nei confronti degli aiuti ai Paesi poveri: "Nella comunita' internazionale c'e' solo un paese che ha ridotto gli aiuti allo sviluppo e questo e' l'Italia. Io la chiamo la mia lista della vergogna, ma sono felice che in questa lista fino ad ora ci sia solo un Paese. Se ci fossero dieci paesi, sarebbe grave".
Percentuale aiuti su Pil
Svezia 0.99%
Norvegia 0,98%
Obiettivo Onu 0,7%
Media Paesi occidentali 0,45%
Spagna 0,43%
Svizzera 0,42%
Austria 0,42%
Germania 0,38%
Francia 0,38%
Portogallo 0,25%
Italia 0,21%
Usa 0,19%
Fonte: Gates Foundation. 

Prima o poi questi vecchi decrepiti che ci governano tireranno le cuoia, e una nuova generazione di italiani multicolore costruira' una societa' nuova. Questa la mia speranza.