domenica 20 novembre 2011

Democrazia in Italia

Non c'e' niente da fare, la democrazia in Italia non funziona. Il popolo italiano non e' maturo abbastanza per vivere in un sistema democratico, un sistema che prevede che ciascun cittadino si senta responsabile della realta' in cui vive, dal punto di vista sociale e politico. L'italiano medio tende piuttosto a scaricare le colpe su qualcun altro e ad aspettare che sia qualcun altro a compiere il passo necessario. L'altissimo tasso di evasione fiscale ben rappresenta questa tendenza. L'assenteismo nei pubblici uffici anche. Un'altra caratteristica tutta italiana che male si sposa con il concetto di democrazia occidentale e' l'idolatria verso il potente di turno, del quale si perdona ogni errore, ogni malefatta, ogni azione e decisione. Non sto semplicemente parlando di come Berlusconi sia stato venerato per anni, sto parlando anche del papa, ritenuto infallibile dai piu', o del signorotto locale, figura ancora diffusissima in un certo sud. Diciamo che una monarchia di stampo cattolico sarebbe molto piu' adatta al nostro paese. Questa venerazione crea una distanza pericolosissima fra il cittadino e il governante, cosi' mentre il primo viene letteralmente trascinato via dal fango o muore in un cantiere, il secondo sta parlando di costruire un ponte chilometrico o di comprare delle Maserati con cui andare in giro. Il campanilismo, la rivalita' fra famiglie, la paura dello straniero, la sistematica corruzione, lo scarso rispetto delle regole, la criminalita' organizzata che agisce sotto gli occhi di tutti sono altri fattori che impediscono all'Italia di essere paragonabile agli altri paesi occidentali. Per la seconda volta in meno di un secolo il popolo italiano e' stato in grado non solo di sopportare, ma di esaltare e supportare un uomo carismatico e scellerato che ha portato il paese alla rovina e ha minato seriamente la stabilita' dell'Europa intera. E come accadde con il precedente dittatore, solo l'intervento straniero ha salvato la patria, perche' tanto l'italiano medio avrebbe continuato beatamente ad ingoiare merda e ad impoverirsi finanziariamente e culturalmente senza mostrare una minima reazione. Io vivo in una democrazia occidentale che, con tutti i suoi difetti, mostra tutte le storture e in certi frangenti annichilisce il paese da cui provengo. La differenza sostanziale e' che negli States il presidente ed il suo esecutivo sono continuamente sotto giudizio ed attacco della stampa, che qui e' libera, e dell'opinione pubblica. I fanatici del presidente non esistono. Esistono i fanatici di uno schieramento, di una ideologia, ma mai di una persona. Un'altra differenza e' che quando qualcosa non funziona, l'americano medio reagisce, protesta, manifesta, telefona o si reca a parlare con chi di dovere, e se puo' aggiusta quel problema da solo. Questo ovviamente tralasciando il senso civico a la responsabilita' delle persone, lontani anni luce dagli standard italiani, ma non vorrei far sembrare questo post un'esaltazione della societa' americana, perche' non c'e' niente da esaltare della societa' americana. Quando e' stato nominato Monti mi sono arrabbiato molto, perche' non e' stata una scelta democratica, non e' stato eletto dai cittadini, ma imposto dall'alto. Ma poi ho capito che e' stata la scelta migliore invece, perche' i cittadini si sono gia' dimostrati completamente incapaci di scegliere i propri rappresentanti con criterio. Se fosse invece stato scelto dalla maggioranza avremmo assistito all'ennesima farsa, all'ennesima marionetta messa li' e comandata da qualcun altro. Non so se questo governo tecnico sara' in grado di risollevare le sorti del paese, ma so che saranno tempi durissimi per tutti, visto che di certo non saranno le banche, il clero o i governanti a pagarne le spese. La cosa che piu' mi fa rabbia e paura pero' e' che la gente non si rende conto che ora hanno un governo di destra, visto che questa e' quella che dovrebbe essere la destra: un esecutivo che esprime e realizza dei principi liberali. Il governo Berlusconi non era un governo di destra, era una dittatura mediatica densa di propaganda nata e vissuta al solo scopo di favorire una persona e gettare le briciole ai suoi amici. Quello che temo succedera' e' che la gente dara' la colpa degli incredibili sacrifici a cui sara' costretta a Monti e al suo governo tecnico, identificandolo, chissa' come, con la sinistra. E sentiremo sospirare di come si stava bene quando c'era la destra al potere, che Berlusconi magari era un po' mattacchione ed esuberante, pero' sapeva governare. E ho cosi' tanta paura che sara' rieletto che non ci dormo la notte. Visto anche il persistente assenteismo di quella che chiamano sinistra. Un'ultima riflessione per concludere: si sta cercando di aggiustare un'economia corrotta e un sistema marcio, di mettere una pezza qui ed una pezza li' nella vana speranza che le cose comincino finalmente a girare per il verso giusto. Senza una rivoluzione che cambi il sistema radicalmente andra' solo e sempre peggio.

venerdì 18 novembre 2011

Cosa e' davvero cambiato

di Piergiorgio Odifreddi

Dunque, la speculazione internazionale ha riscosso ciò che si era prefissa. Nel giro di pochi giorni l’una dall’altra, la Grecia e l’Italia hanno affidato le loro sorti a Lucas Papademos e Mario Monti, due tecnocrati dell’economia che prenderanno le misure gradite alle banche e all’industria, incuranti di cosa ne pensino gli elettori. I quali, infatti, non solo non li hanno eletti, ma non sono stati nemmeno interpellati, e dovranno graziosamente piegarsi alla necessità di ciò che viene dichiarato “inevitabile”.
Certo non erano inevitabili i ministri che Monti si è scelto, dopo essersi consigliato anzitutto con Dio stesso, andando per prima cosa a messa. E poi, in ordine gerarchico, col presidente della Repubblica e i partiti. Che, ingenuamente, credevamo fossero ormai ridotti a tre o quattro, mentre invece risultano essere ancora un paio di dozzine, come ai vecchi tempi della prima Repubblica: evidentemente mai morta, nonostante i ripetuti requiem.
La sorpresa maggiore del nuovo governo è il ministero dello Sviluppo al banchiere Corrado Passera: una nomina tanto ironica, quanto quella di Mara Carfagna al ministero delle Pari Opportunità nel precedente governo. Naturalmente, nessuno sospetta passati rapporti orali del nuovo ministro col nuovo presidente del Consiglio. Ma bisogna comunque essere ineffabili per pensare che le banche possano trasformarsi da problemi della crisi mondiale in soluzioni, e che la speculazione possa costituire una buona scuola per saper pilotare lo sviluppo.
Altrettanto sorprendente, perché da Repubblica delle Banane, la nomina dell’ammiraglio Giampaolo di Paola (ex capo di Stato Maggiore e attuale presidente del Comitato Militare della Nato) a ministero della Difesa. Quanto a Lorenzo Ornaghi (rettore della Cattolica e vicedirettore dell’Avvenire), nuovo ministro della Cultura, a Renato Balduzzi (presidente del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale e direttore del bimestrale Coscienza), nuovo ministro per la Salute, e ad Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio ed esponente di Comunione e Liberazione), nuovo ministro per la Cooperazione, insieme al devoto premier e allo stesso Passera garantiranno che la Chiesa continuerà a presidiare il nuovo governo e a ricevere i soliti finanziamenti.
Ma se i sacrifici non li faranno le banche, gli speculatori e la Chiesa, a chi saranno riservati? La nomina di Elsa Fornero (esperta di riforme previdenziali) a ministro del Welfare lascia intuire da dove si comincerà. Dalle pensioni di anzianità:cioè, da coloro che hanno ormai pagato i contributi per sè, ma che saranno costretti a continuare a pagarli per gli altri. Naturalmente non si toglieranno le pensioni a coloro che non le hanno pagate, o almeno non interamente: dai coltivatori diretti, ai commercianti, ai liberi professionisti, che hanno fatto le fortune elettorali dei governi della Prima Repubblica, e mandato in rovina l’Inps.
In Grecia, di fronte a un esecutivo analogo a quello di Monti, i partiti di sinistra hanno avuto il buon senso politico e la correttezza ideologica di stare all’opposizione. In Italia, Veltroni e Bersani si sono dichiarati soddisfatti: contenti loro, contenti tutti. Soprattutto coloro che non li avevano votati, e che ora non debbono rodersi il fegato pentendosi di aver affidato le loro sorti a “sinistri” di tal fatta.
Ps. Aggiunta dell’ultima ora. Il cardinal Bertone ha dichiarato che il governo Monti è “una bella squadra, alla quale auguro buon lavoro”. Una conferma dall’alto, se non dall’Altissimo, delle mie preoccupazioni…
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giovedì 17 novembre 2011

Alberto Rigoni - Bassex

Il prog e' spesso considerato un genere serioso e a tratti noioso. Il che e' generalmente vero. Ma se si seguono le band giuste, il tedio e' sicuramente evitato.

martedì 8 novembre 2011

Nova - Atlantis (1976)

I Nova sono una band finlandese nata nel 1975 ad Helsinki e che arriva al debutto, questo Atlantis, nel 1976. Purtroppo i tempi per il prog non sono dei migliori e l'album non vende, condannando cosi' la band allo scioglimento. Ed e' un vero peccato perche' ascoltando quest'album meteora si sente davvero del potenziale. Lo stile e' un prog romantico-sinfonico, dai toni molto drammatici e malinconici, e un sound incentrato sulle tastiere con le chitarre che a tratti riescono a guadagnarsi il loro spazio. Il primo gruppo che mi viene in mente sono gli ELP, anche se la band di Emerson raramente risulta cosi' triste, ma le evoluzioni tastieristiche, la capacita' di cambiare ritmo e la varieta' dei timbri traggono di sicuro ispirazione dal gruppo del musicista inglese. L'album e' composto da quattro tracce di cui 3 lunghe, fra i 9 e i 15 minuti, ed una breve, di 3 minuti circa. Le tracce lunghe ricalcano tutte lo stesso stile, cioe' buoni intrecci di tastiere, chitarra e voce su un'ottima base ritmica, interrotti da ritornelli di evoluzioni per tastiere. Ma la band e' brava abbastanza da poter variare su questo tema e proporre motivi diversi e vari, magari non originalissimi, ma sempre orecchiabili, passionali e ricercati. Aggiungiamoci gli assoli di chitarra che spesso intercorrono, la voce (in finlandese) intonata ed inspirata, un basso spesso ben sopra la media ed otteniamo un album molto vicino al capolavoro. Aiutato anche dalla breve durata, come piace a me (la mia soglia di attenzione e' quella che e'). I componenti della band sono Antti Ortamo, tastierista, cantante e principale compositore, Micca Vasenius, chitarrista, Jouko Helatie, anch'egli chitarrista, Petri Peltola e' il bassista, Jukka Marjala alla batteria.
La prima traccia, Se Vuosi, e' la piu' lunga del lotto e la meglio riuscita. Comincia con una intro di piano, classicheggiante, ci fa capire subito di trovarci di fronte ad un album di prog sinfonico. Dopo pochi secondi comincia il canto, presto accompagnato dai restanti strumenti, anche se quello piu' chiaramente udibile e' ancora il piano. Toni che si mantengono vicini alla musica classica su una base di ottimo rock sinfonico. A questo punto parte cio' che sara' il cliche' di tutto l'album: il refrain di piano ad interrompere con intervalli regolari la trama fin ora sentita. E' un cliche' che funziona. Ma, come detto, il lavoro non si riduce a questo, e verso il quinto minuto parte anche la chitarra, finalmente piu' decisa. Atmosfera che si fa piu' drammatica con lo scorrere della canzone. Verso il decimo minuto le tastiere riprendono il controllo della situazione, ottimamente accompagnate dal basso, per uno strumentale che cerca di sollevarsi dall'atmosfera decadente precedentemente creata, per dirigersi piuttosto verso territori piu' movimentati ed allegri, che ricordano chiaramente qualcosa degli ELP. Ovviamente la traccia torna sui suoi passi prima della conclusione, per un finale melodrammatico e romantico. Kaupungin Naiset, la canzone seguente, e' un blues dichiarato, quindi chitarra, voce e basso in evidenza, con un ottimo organo di sottofondo. L'atmosfera straziante e romantica sentita nel brano precedente non ci abbandona, anzi e' amplificata dai suoni tipici del genere. Ora la chitarra e' principale protagonista e ci regala un altro meraviglioso assolo nella parte centrale. Atlantis presenta un'introduzione di tastiere con immediatamente la voce che incalza. Tinte ancora drammatiche, aria tesa, atmosfera triste. La chitarra stavolta si mette subito in evidenza performando un ottimo assolo. Traccia che ricalca lo schema della traccia iniziale, con voce piano e chitarra a creare degli ottimi intrecci su una buona base basso-batteria, il tutto inframezzato da un indovinato refrain per tastiere. In seguito evolve in un assolo di tastiere, tanto per cambiare, ma la qualita' e' sempre altissima e la noia non sopraggiunge mai. Stavolta si lambiscono lidi piu' psichedelici, quasi space, anche se la conclusione e' sempre affidata a rassicuranti colori sinfonico-romantici. Il brano conclusivo, Vanha Surullinen Laulu, sfoggia un incipit drammatico e decadente, il morale e' bassissimo, anche se il solito regolare ritornello tastieristico, a cui il gruppo ci ha ormai abituato, rende l'atmosfera piu' allegra, seppur per pochi secondi. Il contrasto cosi' creato e' molto piacevole. La parte centrale e' occupata da arpeggi di chitarra su un tappeto di organo, a trascinare l'ascoltatore ancora piu' in basso, salvo poi essere risollevato dall'organo stesso che ora si fa allegro e rapido, mentre la chitarra si lascia trascinare anch'essa dall'atmosfera danzereccia. Ma l'album non poteva finire senza prima essere tornato sul motivo principale, cioe' quell'aria triste che permea un po' tutto il disco. In conclusione, e' un album abbastanza schematico, che gioca sui chiaro scuri, ma cio' non vuol dire che sia noioso o banale, anzi, e' un disco che a me e' molto piaciuto nella sua omogeneita'. Un'altra perla perduta del progressive settantiano.