venerdì 11 maggio 2012

Salva - Left to burn (2007)

I Salva sono una giovane band svedese con tre dischi all'attivo dei quali questo Left to Burn e' il secondo. Il loro stile non e' niente di nuovo, ma un giusto mix di generi ben equilibrati tra loro. Questo album possiede gli ingredienti giusti per essere un gran lavoro senza necessariamente portare elementi di originalita' estrema, tecnica iperbolica, o qualunque cosa sia li' all'unico scopo di scioccare. Lunghezza media, parti equilibrate, scelte giuste per quanto riguarda gli stili da cui attingere, cioe' prog sinfonico, hard e folk, e grande ispirazione sono le caratteristiche principali dell'album in questione. La mente del gruppo e' il cantante Per Malmberg, che suona anche chitarra, tastiere, mandolino e percussioni, affiancato da Johan Lindqvist alle tastiere, Stefan Gavik alla chitarra, Fredrik Lindqvist al basso e Lasse Bolin alla batteria. Si comincia con No Greater Wrath: subito un grande attacco trascinato da tastiere e basso, presto incalzati dalla chitarra. La voce fa capolino solo verso il secondo minuto, e la canzone comincia a prendere forma: ritornello e strofa diventano riconoscibili ed apprezzabili. Verso meta' brano il ritmo cambia e i musicisti si lanciano in un pezzo decadente e malinconico, a spezzare completamente l'atmosfera. Voce e chitarra sono protagonisti principali ora. C'e' tempo per un'altra variazione sul tema prima di recuperare le note dell'attacco, opportunamente modificate, e chiudere cosi' il brano. 8 minuti sono volati via come se nulla fosse. Ord Ver.2 e' la prima ballata del disco: chitarra acustica e un lontano flauto delineano la melodia, la voce, in svedese, fa il resto. Brano dalla struttura semplice ma efficace, con le tastiere ad irrompere ed accelerare a cadenze regolari, e la chitarra che si ritaglia un solo verso il terzo minuto. La terza traccia, Dying Rose, e' la piu'lunga del lotto: voce e tastiere si occupano dell'apertura, che si mantiene nervosa e tesa, come se stesse li' li' per esplodere; solo dopo due minuti e mezzo si sente quello che sara' il ritornello portante di tutta la canzone, un motivo indovinato e orecchiabile. Questa e' infatti una delle tracce piu' pop dell'intero disco, nonostante i 10 minuti di durata. La voce e' protagonista principale, descrivendo melodie romantiche e rockeggianti, con le tastiere che le reggono il gioco. Dopo quasi 8 minuti di eccellente musica il brano si arresta, ed e' possibile sentire unicamente delle voci lontane, ma dopo un po' la musica incalza nuovamente, diventando sempre piu' forte fino a riesplodere e lasciare le redini ad un solo spettacolare di chitarra che chiude la piu' bella canzona dell'album. Clara Leaving e' un rock'n'roll robusto, e, come da tradizione, chitarra e voce sono in primo piano, alternando magistralmente momenti elettrici ad altri acustici, con un ritornello di nuovo indovinatissimo. Come la precedente traccia era chiusa da un solo di chitarra, questa e' chiusa da un solo di tastiere. Aska e' la seconda ballata del disco: aperta da flauto e chitarra classica, e' tutta basata su delicatissimi arpeggi di chitarra che dipingono un motivo dolce, romantico e vagamente triste, almeno fino a meta' canzone, poi, visto che di prog si tratta, il brano muta, si incattivisce, la chitarra diventa elettrica e le tastiere sopraggiungono. Intrecci di questi due strumenti, ben coadiuvati dalla sezione ritmica, sono ora al centro della scena, che poi lascia il posto all'acustica per la conclusione dell'unico brano interamente strumentale. Stained comincia con una chitarra che non puo' non ricordare il Medio Oriente, la quale evolve praticamente immediatamente in un riff aggressivo e corposo. Il brano poi si assesta sull'alternanza di momenti piu' hard, quasi metal, che costituiscono il ritornello, ed altri piu' pacati ma non per questo meno tesi, che invece fungono da strofe. Underneath e' la canzone conclusiva: flauto e chitarra acustica si occupano nuovamente dell'apertura, con un motivo dolce e malinconico. Dopo poco la voce si unisce al coro, rendendo l'atmosfera ancora piu' decadente. Umore che non si risolleva praticamente mai, ma la band ci gioca su abbastanza da rendere il brano interessante, grazie anche all'alternanza fra stacchi di tastiere e riff di chitarra elettrica, a spezzare i momenti acustici dai quali la canzone e' caratterizzata. Sarebbe la traccia piu' debole del lotto se a due minuti dalla fine non cambiasse completamente (sono questi cambiamenti che decidono le sorti di un disco e che mi hanno fatto amare questo genere musicale): un coro gotico/sinfonico ed un solo di tastiera a mo' di fisarmonica sono la degna conclusione di un grande disco. Sicuramente una delle migliori uscite per quanto riguarda il prog moderno, da ascoltare assolutamente.