mercoledì 23 aprile 2014

Crystal Phoenix - Crystal Phoenix (1989)

Cosa rende un album degno di essere ascoltato e divulgato? Sicuramente deve possedere una musicalita' piacevole, i testi sono anche un aspetto da non sottovalutare, ma a cio' aggiungerei anche l'ambiente, le condizioni in cui e' stato partorito, la particolare storia che si annida dietro, lo stato d'animo dell'artista durante quel periodo. L'album di cui mi accingo a parlare e' molto bello nelle intenzioni, le melodie molto indovinate, intense le emozioni che riesce a suscitare, anche se purtroppo pecca in produzione, ed il suono ne risente abbastanza, inoltre sarebbe stato meglio eseguito da una band vera e propria. Ma al di la' dell'aspetto prettamente musicale, e' un'opera nata e diffusasi in circostanze improbabili ed abbastanza stupefacenti. Infatti, ed e' il primo dei tanti aspetti peculiari di questo disco, si tratta di un progetto di una one woman band, come pochissime ce ne sono nell'ambiente musicale, la quale e' l'autrice di musiche e testi, nonche' esecutrice di tutti i brani, disegnando persino la copertina dell'album. Lei si chiama Myriam Sagenwells Saglimbeni, e' di Domodossola, canta, suona chitarra elettrica, acustica, basso, arpa e liuto, non ha mai fatto il conservatorio, ed e' cresciuta a metal e Bach. Non e' mai purtroppo riuscita a fare della sua passione un lavoro, e quest'album rimane uno dei due soli episodi della sua carriera da autrice musicale. Alla fine degli anni '80 cantava in una band di Milano chiamata Reinless, ma aveva da parte del materiale scritto da lei che la sua band non prese mai troppo sul serio. Decise quindi di registrare il disco da sola e riusci' a trovare un contratto con la Videostar di Genova, che pubblico' il vinile nel 1989. Leggenda narra che ci furono delle incomprensioni fra i manager dell'etichetta ligure e l'artista, e che quindi la maggior parte delle copie del disco vennero volutamente distrutte. Accadde pero' che nel 1993 una delle poche copie in circolazione fini' nelle mani di Massimo Gasperini, che stava in quei giorni fondando la Black Widow, il quale si innamoro' immediatamente del lavoro e decise di pubblicarlo per la propria neonata etichetta. Cosi' il secondo aspetto peculiare di questo album e' il fatto di essere la prima pubblicazione della ora famosa label progressive, rendendolo un disco "cult" fra gli appassionati del genere. Le coincidenze pero' non finiscono qui, visto che l'anno dopo, il CD finisce chissa' come sulla scrivania di un produttore musicale coreano, che manco a dirlo adora l'album, e contatta la casa discografica di Genova per poterlo pubblicare in Corea del Sud. Crystal Phoenix diventa quindi anche il primo contratto internazionale della Black Widow. Dal punto di vista stilistico, si tratta di un lavoro per comodita' inserito nel filone prog, trattandosi di un misto originale di folk, musica medioevale ed epic/heavy metal. Un disco sicuramente particolare, che spiazza ad un primo ascolto, diventando pero' familiare ed interessante appena si riesce ad andare oltre la singolarita' della proposta. La voce di Myriam e' protagonista principale, non esattamente diversa da altre voci, pero' all'altezza della situazione, cristallina e sempre intonata. Chitarra acustica ed arpa sono altri elementi frequenti, imprescindibili nel creare atmosfere con rimandi alla musica medioevale ed epica; chitarra elettrica e basso nei brani metal, tastiere per creare tappeti sonori ed accrescere cosi' il senso di epica drammaticita' che si vuol dare a tutto l'album completano l'opera, peccato per la batteria campionata che, insieme alla registrazione approssimativa, compone gli elementi deboli del disco. Il lavoro  comincia con  lo strumentale Damned Warrior,  pezzo metal,  veloce e  robusto, breve quanto basta e guidato dalla  chitarra, che ricorda qualcosa degli  Iron Maiden. La  canzone  seguente, 474  Anno  Domini, e'  aperta  da celestiali  arpeggi  di chitarra acustica, con la voce di Myriam che presto incalza, anch'essa calma e suadente; ma presto l'atmosfera cambia, diventando tragica e decadente, mantenendosi sempre in territori acustici. La melodia vira lentamente verso la calma iniziale, senza perdere in drammaticita', e volge cosi' a conclusione fra arpe e chitarre. Se la prima traccia era dichiaratamente metal, la seconda folk/acustica, la terza, Somewhere, Nowhere Battle e' di matrice chiaramente medievale, con liuto, piffero e una leggera percussione; su tutto spicca la voce di Myriam, ora piu' solenne che mai, a descrivere una melodia orecchiabile, triste, ancora decadente. Loth' er Siniel comincia con basso e chitarra acustica, una leggera tastiera di sottofondo, umore che non cambia, mantenendosi sul tragico/solenne, anche se un attimino piu' luminoso in questo brano. Cori e tastiere colorano una canzone discreta, lenta e sognante, che prosegue scorrevole ed invariata per tutta la sua durata. La quinta traccia, mini-suite di quasi 7 minuti, si intitola Heaven to the Flower/Violet Crystal Phoenix, comincia malinconica e triste, grazie ad arpeggi di chitarra ed alla voce, che ora e' piu' sommessa; l'apparente tranquillita' non dura molto, infatti la chitarra elettrica finalmente sopraggiunge, la voce incalza, e si viaggia verso un hard rock drammatico e melodico. A pochi minuti dalla fine il brano cambia, il ritmo accelera, e la chitarra elettrica prende le redini, ben incalzata dalla batteria, eseguendo un assolo scorrevole e granitico, fino in pratica alla fine della canzone. L'ultima traccia, Dark Shadow, altra mini-suite divisa in The Dove and the Bat e The Last Flyght, comincia con la solita chitarra acustica, anche se ora piu' vivace e veloce, creando un'atmosfera tesa e nervosa, con la voce e la batteria che contribuiscono a rafforzare questa sensazione; il suono si irrobustisce a meta', la voce si alza, e il ritmo accelera un pochino, tentando un'altra sortita metal, questa volta un po' meno riuscita. Salva tutto un ottimo assolo di chitarra elettrica, ancora migliore del precedente, che cede poi alla voce la quale va cosi' a concludere con toni epici il lavoro. Per concludere, riporto un breve tratto di un'intervista a Myriam, dal quale personaggio sono rimasto sinceramente affascinato: "Forse per il genere di studi che ho intrapreso, o forse per attitudine, non so, ho sempre visto e percepito ogni cosa su tre livelli. Tipo: concetto, significante e significato. Il concetto si esprime con il linguaggio che ha dei ‘segni’ verbali che però possono essere fraintesi. La musica è il linguaggio più immediato, universale perché scavalca i segni che sono le parole e tocca direttamente le sensazioni. La musica può far ricordare (passato) ed immaginare (futuro) con l’ascolto (presente). Da piccolissima pensavo che le persone si potessero capire tra loro guardandosi negli occhi, poi ho capito che questo linguaggio non verbale è andato perso, il concetto mimetizzato e occultato con le parole. Quindi l’unica cosa che rimane intoccabile, al di là di ogni parola resta la musica. Essa non mente."