lunedì 7 luglio 2014

Humble Grumble - The Face of Humble Grumble (2008)

Gruppo belga capitanato da un ungherese, gli Humble Grumble partono dal folk per arrivare al jazz ed al funk, il tutto condito da una buona dose di humor ed ironia di stampo zappiano. Molti strumenti quindi, a creare quell'atmosfera eclettica, brani cangianti e quasi improvvisati, soluzioni inaspettate, ai limiti dell'avant-garde, tre voci e liriche fantasiose. Tutto comincia a Ghent nel 1996, da due dei membri della folk band Dearest Companion:l'ungherese chitarrista e cantante Gabor Voros ed il belga fiammingo nonche' bassista Tom Theuns. I due avevano scritto parecchi brani durante il periodo con i Dearest Companion, e decidono quindi di formare una propria band. Il primo album degli Humble Grumble e' di conseguenza formato dalle composizione dei due musicisti e viene autoprodotto nel 2000, chiamato Dreamwavepatterns, praticamente introvabile. Durante questi quattro anni i due hanno suonato in centinaia di locali in Germania e Svizzera, scrivendo brani on the road e suonando con musicisti raccattati lungo il cammino. A questo punto pero' Tom decide di abbandonare il compagno, e quest'ultimo prende la decisione di formare una band piu' stabile e provare magari a trovare un'etichetta ed un manager. Un nuovo lavoro vede quindi la luce quando siamo nel 2004, ancora autoprodotto quindi ancora introvabile, chiamato Rockstar. Il nucleo della band e' ora piu' regolare, con le cantanti Megan Quill e Franciska Roose, Jouni Isoherranen al basso e tastiere, Jonathan Callens alla batteria, Pieter Claus e' lo xilofonista, Pedro Guridi al clarinetto, Pol Mareen al sax e Jeroen Baert al violino. Il momento della svolta arriva finalmente nel 2005, quando il gruppo compone un album per celebrare i trent'anni di una band ungherese chiamata Kolinda con il compositore, anch'egli ungherese, Peter Dabasi, che sfocera' quindi nell'album 30 Years Kolinda, pubblicato dall'etichetta Pan Records nel 2006. Finalmente gli Humble Grumble hanno l'attenzione che si meritano e i primi due album vengono ripubblicati insieme in un nuovo disco chiamato The Face of Humble Grumble (2008) dall'etichetta Cocktailsoul. Seguono altri due lavori pubblicati dall'italiana Altrock Records, Flanders Fields (2011) e Guzzle It Up (2013). L'ultimo album mi e' piaciuto molto, questo The Face of Humble Grumble mi piace invece davvero tanto. Si sente che sono due opere prime, la genuinita' e la spontaneita' della proposta mi hanno conquistato. L'album comincia con il brano I'm Horny, giusto per introdurci al fantastico mondo degli Humble Grumble. La voce di Gabor, i fiati, lo xilofono, sono protagonisti principali di questo pezzo breve e rapido, con le voci delle cantanti a decorare e mugolare; atmosfera jazzata ed orecchiabile, ritmo intenso. La seconda traccia e' Dental Chair, che comincia con un assolo di chitarra accompagnato ancora dallo xilofono; ben presto i fiati incalzano e prendono il controllo della situazione, duettando piacevolmente con la batteria e le percussioni; in seguito fa capolino la voce che, delirando, ci conduce verso il ritornello, che parla di sedie da dentista. Il fatto che ci sia un ritornello ci suggerisce che i brani sono strutturati in forma canzone e, pur presentando virate e cambi di ritmo, si mantengono comunque definite in una struttura regolare. Arriviamo quindi alla terza traccia, Marriage, che comincia con l'alternanza fra un pezzo cantato ed un pezzo strumentale tirato e carico; e' questo in pratica il leit motive del brano, pero' la parte vocale e quella strumentale cambiano in continuazione, mutando dal folk, al jazz, al pop. I'm so Blue comincia con una reprise di un pezzo classico di cui non conosco il titolo, e' il brano piu' lento e malinconico nelle intenzioni, anche se e' impossibile non sorridere all'ascolto di questo brano; chitarra e voce femminile conducono, con i fiati ad intercedere e riproporre il motivo iniziale, canzone schematica ma ben riuscita. Wineless Mind comincia con sax e clarinetto ad incrociarsi e duettare, descrivendo quello che sara' il riff conduttore della canzone, presto la batteria e l'immancabile xilofono incalzano, la voce e la chitarra un attimo dopo; il resto del brano e' dedicato ad un solo di chitarra prima e di sax poi, per infine riproporre la parte cantata. Rockstar alza il tono, partendo a razzo con un'orecchiabile strofa cantata con batteria e chitarra in evidenza; il brano poi evolve grazie alle tastiere, i fiati e la voce del cantante, che si lasciano andare a soli ed evoluzioni spettacolari, mentre il coro iniziale viene ripetuto ciclicamente. Purple Frog comincia con un solo di basso che viene presto accompagnato dai fiati e dal violino, e' una canzone che non cambia cio' che abbiamo sentito finora: ritornello orecchiabile ed in mezzo evoluzioni, soli, improvvisazioni, stacchetti, il tutto molto piacevole. Love Song e' la degna conclusione di questo ottimo lavoro: curiosamente riprende il giro di sax con cui si era conclusa la traccia precedente, facendone il conduttore del brano, il tutto intervellato dai soliti duetti fiati-tastiere, chitarra-fiati, e cosi' via. Quando fa finalmente capolino la voce siamo ormai a meta' brano, e l'atmosfera improvvisamente cambia, facendosi celestiale e solenne, anche se e' ancora una volta impossibile non cogliere l'ironia della situazione. La canzone torna ad essere strumentale a questo punto e volge al termine con lo stesso slancio con cui era iniziata. Una delle migliori band belghe di sempre, consiglio l'ascolto di tutti e quattro i loro album e questo in particolare.